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19.11.2011

L´estinzione C/P: tra Chicxulub e Trappi del Deccan

Fino a circa cinquanta anni fa il limite Cretaceo-Paleocene (C/P), famoso per l´estinzione di massa che decretò la fine di alcuni dinosauri, era in sostanza sconosciuto per via della mancanza di una successione stratigrafica completa. 
Nel decennio 1960-1970 il geologo americano Walter Alvarez studio nella gola del Bottaccione (nei pressi di Gubbio, Umbria) una successione di calcari e marne - la formazione della "Scaglia rossa" - e cerco di calcolare la velocità di deposizione di questi strati torbiditici del Cretaceo - Paleocene.

Fig.1. La transizione Cretaceo - Paleocene nella formazione della "Scaglia rossa" (rotata di 90°, il Paleocene si trova di sopra).

Durante la ricerca sulla concentrazione di micro-meteore nei sedimenti scopri un'anomalia nella concentrazione di elementi rari, come per l´esempio l´Iridio. La concentrazione era talmente elevata che era difficile spiegare il fenomeno solo con un'ipotetica fluttuazione del tasso di sedimentazione della Scaglia Rossa. In un primo momento Walter, insieme al padre e fisico (e premio nobel) Luis W. Alvarez, propose una supernova e un incremento della caduta di polvere cosmica sulla terra come fonte dell´Iridio, ma ben presto cambio idea, formulando l´ipotesi di un impatto di meteorite metallico sulla terra. Per avvalorare l´ipotesi comunque mancavano successive prove e soprattutto il punto d´impatto. Tra il 1981 e il 1993 ricerche geofisiche scoprirono un immenso cratere d´impatto (con un diametro di 180 chilometri) nelle profondità della penisola dello Yucatan - denominato Chicxulub. Datazioni rivelarono che aveva l´età giusta per coincidere sia con l´incremento di Iridio, sia per spiegar l´estinzione di fine Cretaceo (il materiale fuso durante l´impatto e recuperato durante le trivellazioni fu datato a 65, 07 + -0,1 Ma). 
L´impatto di Chicxulub (e altri) è volentieri visto nei media e nel collettivo generico come l´unico fattore plausibile per spiegare l´estinzione alla fine del Cretaceo, ma durante questa transizione sono state osservate molte altre e profonde variazioni sulla terra - cambiamenti climatici, fluttuazione del livello marino e un intenso vulcanismo.

Secondo lo scenario proposto l´impatto uccise prima per via diretta (calore e onde di pressione sia nel cielo sia nel mare) e poi in modo indiretto: le polvere e i gas sprigionati dall´esplosione modificarono il clima, causando una piccola era glaciale, inoltre oscurarono il cielo, rendendo fotosintesi impossibili a tutte le piante. Dopo la morte delle piante ben presto tutte le catene trofiche collassarono - per primo morirono gli erbivori, seguiti ben presto dai piccoli carnivori e infine i grandi predatori. Ci sono diversi problemi con questa ricostruzione, che si basa più su considerazioni teoretiche che sull'evidenza dei fossili.
L´estinzione di fine Cretaceo fu sorprendentemente selettiva: nei mari si estinse il nannoplancton, foraminiferi planctonici, molluschi come le ammoniti e i grandi rettili. Comunque nello stesso ambiente sopravissero i foraminiferi bentonici, le diatomee, il gruppo dei radiolari e gran parte dei bivalvi e soprattutto i pesci. Sembra difficile spiegare come organismi autotrofi come i radiolari sopravissero a un ipotetico inverno nucleare e una notte post- apocalittica; com'è difficile spiegare perché pesci, che hanno bisogno del fitoplancton, riuscirono a trovare abbastanza cibo quando i rettili marini perirono.

Inoltre l´esatta datazione e processo dell´estinzione dei vari gruppi di organismi è incerta - non si sa esattamente se un determinato gruppo si è estinto esattamente 65 milioni di anni fa o forse già prima. 
Da diversi anni il gruppo di ricerca attorno all´americana Gerta Keller ha messo in dubbio le datazioni proposte, basandosi soprattutto sul processo di estinzioni di foraminiferi. Keller ha proposto che già prima di Chicxulub molte specie di foraminiferi mostravano un declino o erano già estinte. Inoltre secondo l´interpretazione di una stratigrafia nei pressi di Brazos (Texas) ci furono più di un singolo impatto nel Cretaceo superiore, che comunque non avevano quasi nessun effetto sulle comunità di fossili studiate.

In una nuova ricerca condotta su sedimenti e fossili dell´India il gruppo di lavoro ha proposto una via di mezzo per spiegare sia il declino precedente e considerando possibili effetti di un impatto.
I Trappi del Deccan sono un territorio igneo localizzato nella parte centro occidentale dell'India, e rappresenta una delle più estese zone vulcaniche del pianeta. Sono datati a un´età di 60 a 65 milioni di anni -  è considerate per questo da molti ricercatori come alternativa all´impatto per spiegare l´estinzione di fine Cretaceo. Comunque l´esatta cronologia dei Trappi rimaneva un mistero - poiché un periodo di cinque milioni di anni sembrava troppo lungo per spiegar una (dal punto geologico) improvvisa estinzione di massa. 

Solo negli ultimi anni nuove tecnologie hanno reso possibile  capire meglio il processo di formazione: I Trappi del Deccan si sono formati in tre singole fasi, iniziate 67,5 milioni di anni fa. La seconda fase eruttiva e quella più forte è responsabile di circa l´80% della massa complessiva dei depositi vulcanici - ed è proprio questa fase che coincide con la maggiore estinzione dei foraminiferi studiati. L´ultima (la terza) fase eruttiva, la più debole, è datata a 300.000 anni dopo il picco complessivo dell´attività vulcanica (figura 2 secondo KELLER).
Secondo il nuovo scenario la prima fase di attività vulcanica ha ridotto notevolmente il tasso dell´evoluzione dei foraminiferi e indebolito le popolazioni esistenti, anche se non ha causato un'estinzione di massa. La seconda fase, quella più forte, ha colpito ecosistemi indeboliti dalle eruzioni precedenti - è proprio in questo periodo che molte specie studiate scompaiono nel record fossile. Dopo questa estinzione i mari furono lentamente ripopolati da specie opportunistiche - ma i sedimenti mostrano anche un livello ricco di Irido - occorre una seconda estinzione di massa che termina con la terza fase vulcanica. 

Fig.3. I cambiamenti nella comunità di foraminiferi studiati - si osservano delle estinzioni di singole specie, ma anche un generale indebolimento e rimpicciolimento delle specie superstiti (secondo KELLER)

Il gruppo di ricerca non nega completamente il ruolo di vari impatti di asteroidi sulla biodiversità, ma propone una catastrofe combinata per spiegare meglio la cronologia e selettività dell´estinzione Cretaceo-Paleocene. L´incremento dell´attività vulcanica indebolisce per migliaia di anni prima dell´impatto (gli impatti?) gli ecosistemi della terra - è durante questo periodo che molti organismi non riescono ad adattarsi alle nuove condizioni. I gas e le ceneri hanno modificato il clima, i livelli dei mari si abbassano, forse anch´essi per via dell´intensa attività magmatica del pianeta, infine l´impatto di asteroide - non forte come proposto in passato ma che colpisce in un momento critico - che decreta la fine di molti gruppi di organismi.

Bibliografia:

ALVAREZ, W., ALVAREZ, L.W., ASARO, F. & MICHELl, H.V. (1979): Anomalous iridium levels at the Cretaceous/Tertiary boundary at Gubbio, Italy: Negative results of tests for a supernova origin. In: Cretaceous-Tertiary Boundary Events Symposium; II. Proceedings (Eds W.K. Christensen and T. Birkelund), pp. 69. University of Copenhagen
ALVAREZ, L.W., ALVAREZ, W., ASARO, F. & MICHEL, H.V. (1980): Extraterrestrial cause for the Cretaceous-Tertiary extinction. Science 208: 1095-1108
ALVAREZ, W. (2009): The historical record in the Scaglia limestone at Gubbio: magnetic reversals and the Cretaceous-Tertiary mass extinction. Sedimentology 56: 137-148
BAKER, V.R. (1998): Catastrophism and uniformitarianism” logical roots and current relevance in geology. In: BLUNDELL, D. J. & SOTT, A. C. (eds.) Lvell: the Past is the Key to the Present. Geological Society, London, Special Publications, 143: 171-182
FRENCH, B.M. (2003): Traces of Catastrophes: A handbook of Shock-Metamorphic Effects in Terrestrial Meteorite Impact Structures. Lunar and planetary Institute
KELLER, G.; ABRAMOVICH, S.; BERNER, Z. & ADATTE, T. (2009): Biotic effects of the Chixulub impact, K-T catastrophe and sea level change in Texas. Paleogeography, Paleoclimatology, Paleoecology 271:52-68
SCHULTE et al. (2010): The Chicxulub Asteroid Impact and Mass Extinction at the Cretaceous-Paleogene Boundary. Science 327(5970): 1214 – 1218

08.11.2011

L´arte rupestre tra fauna preistorica e genetica

L´arte rupestre preistorica dell´Europea è molto ricca, più di 100 siti sono conosciuti, perlopiù in Spagna e Francia, con più di 4.000 rappresentazioni di animali. Più di un terzo di queste raffigurazioni mostrano cavalli in diversi stili artistici, da disegni dettagliati e molto naturalistici a forme astratte o semplici sagome disegnate con le dita sul suolo fangoso. La caverna di Pech Merle (Francia meridionale) è particolare dato che un grande disegno su una parete di roccia mostra macchie nere su sfondo bianco, sia dentro sia al di fuori della sagoma di due cavallini. Il disegno, datato a 25.000 anni, fu interpretato perlopiù come rappresentazione simbolica di significato conosciuto, poiché il particolare disegno di macchie nere e bianche é conosciuto solo da animali addomesticati da almeno 10.000 anni. 

Fig.1. Diverse rappresentazioni di cavalli nell´arte rupestre, esempi delle caverne di Lascaux, Chauvet e Pech Merle. Secondo analisi genetiche è possibile che tutte le raffigurazioni siano state ispirate da livree di animali reali - esempio di cavallo di przewalski e moderne razze di cavallo (immagine presa da PRUVOST et al. 2011).

Una nuova ricerca genetica ha ora rilevato che l´artista potrebbe essersi comunque ispirato ad animali reali. Un gruppo di ricercatori tedeschi e inglesi ha analizzato il DNA recuperato da trentuno resti fossili di cavalli, proveniente da tutta l´Eurasia e datati da 20.000 a 2.000 anni fa. Secondo i profili genetici ricostruiti diciotto cavalli avevano una pelliccia chiara, 7 erano scuri, ma 6 mostrano una mutazione genetica che causava una pelliccia a macchie bianche e nere. Le macchie bianche e nere erano particolarmente diffuse tra i resti fossili provenienti dall´Europa dell´est e ovest, dei dieci esemplari studiati quattro mostrano la particolare mutazione. Secondo i ricercatori è possibile che questa mutazione e livrea fossero molto più frequenti durante le fasi glaciali nella popolazione equina europee, poiché provvedeva una sorta di mimetismo nella tundra coperta da neve. Dopo i 14.000 anni la particolare varietà divenne molto rara, finche é stata riscoperta da moderni allevatori.
Comunque le raffigurazioni nell´arte rupestre, anche se fossero state ispirate dal mondo naturale, contengono anche molti particolari spirituali e un forte simbolismo. Le macchie di Pech Merle non sono solo distribuite sugli animali, ma anche in file attorno alla testa e il corpo dei due cavallini, con tanto d'impronte di mane umane. Il significato di questa composizione rimane un mistero.

Bibliografia:

PRUVOST, M. et al. (2011): Genotypes of predomestic horses match phenotypes painted in Paleolithic works of cave art. Proceedings of the Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America.

07.09.2011

L´ultimo tilacino

 Riassunto dell´articolo originale pubblicato su Scientific American
" September 7, 1936: The last Thylacine"

Il 7 settembre del 1936 muore nello zoo di Hobart l´ultimo esemplare accertato di tilacino (Thylacinus cynocephalus), grande predatore marsupiale endemico dell´isola di Tasmania. Leggende metropolitane gli attribuiscono il nome di Benjamin (non esiste nessun documento scritto che confermi una denominazione dell´animale, neanche il sesso è accertato) e che mori di depressione. Cinquanta anni dopo la specie fu ufficialmente dichiarata estinta e il 7 settembre è tuttora ricordato in Australia come "National Threatened Species Day".
Le cause principali dell´estinzione del tilacino sono moltipliche: una popolazione isolata e di numero limitato, la caccia, la distruzione dell'habitat naturale e concorrenza con altri predatori sull´isola.

Fig.1. Una fotografia del 1921 mostra il tilacino come predatore feroce e abituale di pecore e polli, in verità questo suo ruolo è disputabile.  Cronache del tempo da parte di naturalisti parlano del tilacino come un predatore (al massimo) occasionale. Una ricerca pubblicata di recente conferma che l´animale si era evoluto per cacciare prede più piccole della sua mole. Sta di fatto che l´ultimo esemplare ucciso nel maggio 1930 fu ucciso in un pollaio.

L´estinzione é rapida: Nel 1888 il governo locale promette una ricompensa di 1£ per ogni adulto abbattuto. All´inizio del XX secolo gli esemplari uccisi e le ricompense pagate diminuiscono nel corso di pochi anni, probabile segno che la popolazione stava collassando.

Fig.2. Ricompense per tilacini abbattuti pagate dal 1888 al 1912, dati tratti da GUILER 1985.

Nel 2008 il tilacino è ritornato - almeno in parte: DNA estratto da tessuti conservati in musei è stato introdotto in cellule di topo. Nell´embrione che si è sviluppato alcuni geni responsabili per il tessuto delle ossa si sono effettivamente attivati. 
Comunque voci ottimistiche e sensazionali che parlavano di una resuscitazione di un esemplare clonato di tilacino entro il 2010 sono state smentite dal tempo e le difficoltà tecnologiche -   il progetto è stato abbandonato.

Bibliografia:

GUILER, E.R. (1985): Thylacine: The Tragedy of the Tasmanian Tiger, Melbourne. Oxford University Press: 23-29
OLSEN, P. (2010): Upside Down World: Early European Impressions of Australia's Curious Animals. National Library of Australia: 240
OWEN, D. (2003): Thylacine - The tragic tale of the Tasmanian Tiger. Allen & Unwin: 228

01.09.2011

Giustizia tardiva per il Tilacino

"Alcuni dei pastori affermano che uno di questi animali uccide centinaia di pecore in un tempo molto breve, ed esistono …[]… notizie che uomini sono stati attaccati da loro ... []"
Gerard Krefft, 1871.

"Il tilacino uccide le pecore, ma limita il suo attacco a una alla volta, ed è quindi in nessun modo distruttivo come un gruppo di cani domestici diventati selvatici o come il Dingo dell'Australia, che causano distruzione in una singola notte. Alte ricompense sono state tuttavia sempre date ai proprietari di pecore per la loro uccisione e dato che oggigiorno ogni pezzo di terra è occupato, è probabile che in alcuni anni quest'animale, talmente interessante per lo zoologo, si estinguerà; e ora estremamente raro, anche nei luoghi più remoti  e meno frequentati dell´isola."
John West, 1850.

Fig.1. Il Tilacino, in una raffigurazione da parte di Joseph Matias Wolf del 1861

Il Tilacino (Thylacinus cynocephalus) era conosciuto durante il XIX secolo sotto vari nomi ai coloni dell´isola di Tasmania: lupo marsupiale, lupo-zebra, iena-opossum, tigre-bulldog, tigre marsupiale, pantera o Dingo della Tasmania - nomi che enfatizzano che l´animale era considerato un pericoloso predatore - soprattutto di pecore, animali importati che costituivano la base dell´economia dell´isola.
Il primo tilacino avvistato dai esploratori europei fu descritto nel 1792 da un marinaio come un "grande cane, di colore bianco e nero e apparenza di bestia feroce". Il primo esemplare ucciso risale a marzo 1805. Ritenuto animale nocivo e pericoloso, fu cacciato senza tregua fino alla seconda meta del XIX / inizo XX secolo, quando i numeri degli animali abbattuti e le taglie pagate diminuirono notevolmente, indicando che la popolazione stava collassando. L´ultimo esemplare confermato morirà il 7 settembre del 1936 nello zoo di Hobart.

Una nuova ricerca (ATTARD et al. 2011) sembra confermare le - al tempo inutili - avvertenze di West che il Tilacino non era un predatore abituale di pecore. La mandibola del muso allungato si poteva aprire con un angolo massimo di 120 gradi - impressionante - ma la struttura era inadatta e troppo debole per attaccare grandi prede. Basandosi su modelli di biomeccanica i ricercatori hanno simulato le forze esercitate sul cranio di Tilacino durante i movimenti di predazione e masticazione. Secondo i risultati ottenuti il Tilacino con il suo cranio allungato e fragile si era adattato per catturare prede piccole e veloci, come specie di opossum o piccole specie di canguro (di cui resti furono ritrovati nel primo esemplare ucciso).

La ricerca potrebbe anche spiegare l´estinzione "improvvisa" del Tilacino nella seconda meta del XIX secolo. Il Tilacino era specie già rara quando la Tasmania fu colonizzata all´inizio del secolo (alcune stime parlano di una populazione di 5.000 individui), la caccia indiscriminata impattó ulteriormente su di una popolazione già ridotta. Il crollo netto nei numeri degli esemplari uccisi (almeno 2.000) nella seconda meta del XIX secolo fu imputato in parte a un'epidemia che colpiva gli animali superstiti, fortemente indeboliti nel loro sistema immunitario da una diminuzione drastica della loro variabilità genetica.

Sulla base dei nuovi risultati e la dieta specializzata del Tilacino si può ipotizzare che anche senza caccia la distruzione dell'habitat e la conseguente diminuzione dell´areale della specie erano sufficienti per portare questo animale all´orlo dell´estinzione. Incapace di adattarsi a nuove prede, in forte concorrenza con altri grandi predatori, come il Diavolo della Tasmania, con una popolazione debole, il Tilacino si estinse nell´arco di pochi decenni, anche se alcuni criptozoologi non vogliono far morire la speranza.


Bibliografia:

14.06.2010

Sulle orme dell´Ichnologia italiana

L´Ichnologia é considerata una branca delle scienze della terra relativamente giovane, anche se, come i fossili "comuni", impronte fossili erano notate già nell'antichità, é hanno trovato spesso espressione nei miti e nelle leggende dei popoli.

Ma solo nel 19° secolo le impronte vengono soggetti dell'ichnologia - la scienza delle impronte di vita di animali e piante - con le prime ricerche condotte dal reverendo Buckland, con la descrizione del Chirotherium - l´animale dalle mani - in sedimenti triassici dell´Europa e con il riconoscimento che strane strutture sedimentarie, considerati resti di vegetali, rappresentano le impronte dei movimenti di animali invertebrati.


I sedimenti mesozoici e cenozoici della penisola italiana hanno giocato un importante ruolo nel progresso di questa disciplina. Le marne a Fucoidi sono denominate proprio per l´abbondanza di questo icnogenere, di cui l'icnospecie Fucoides (=Chondrites) targionii é stata descritta nel 1823 dal geologo francese Adolphe Brongniart basandosi su materiale italiano.

Fig.1. Fucoides, Gola del Bottaccione, Gubbio.

Il termine si trova spesso in pubblicazioni o guide della geologia italiana - é, infatti, é una struttura sedimentaria molto diffusa nelle formazioni dell´Appenninico, anche se a quei tempi si riteneva che si trattasse di un resto vegetale, e non un'impronta di scavo da parte di un organismo animale. I
grandi geologi inglesi Lyell e Murchinson entrambi visitarono l´Italia per studiare gli affioramenti di queste rocce e i loro icnofossili.

Nel 1855 il naturalista Abramo Massolongo denomina formalmente l´icnogenere Zoophycos, descritto poco prima da Antonio Villa (1844), e nel 1850 Giuseppe Meneghini descrive Paleodictyon, a ancora insieme a Paolo Savi nello stesso anno descrive Nemertilites (=Scolicia), tutti icnogeneri molto diffusi è di notevole importanza per la ricostruzione paleo ambientale della formazione geologica.

Fig.2. Zoophycos dal Capo Rossello, Sicilia.

Ma già nel 16° secolo, quasi 300 anni prima, alcuni naturalisti del rinascimento italiano hanno studiato icnofossili è speculato sulle loro origini. Tra questi spicca il genio universale di Leonardo da Vinci, che basandosi sulle sue osservazioni di animali recenti scopri cose eccezionali per il suo tempo sui fossili.
È noto che Leonardo rifiuta il mito che vuole i gusci (i suoi "nichi", come li descriveva) nei sedimenti come testimonianza del diluvio universale, e riconosce che per il processo di formazione di queste "caratteristiche" nei sedimenti si ha bisogno di molto tempo: una prima idea del processo di fossilizzazione.
Scrive a proposito nel Codice "Leicester":

"Come tutti li fanghi marini ritengano ancora de "nicchi", ed è pietrificato il nicchio insieme col fango."

Meno noto é che Leonardo si interessò anche di tracce impresse nel sedimento e bioerosione in forme di tane "scavate", a pari come un tarlo nella legna, nei gusci. Basandosi su osservazioni di gusci recenti e la vita marina nei littoriali, Leonardo riconosce che i singoli strati rappresentano dei sedimenti depositati in antichi fondali marini:

"Come nelle falde, infra l´una e l´altra si trovano ancora gli andamenti delli lombrici, che camminavano infra esse quando non erano ancora asciutte."

Sui buchi di gusci fossili scrive:

"Ancora resta il vestigio del suo andamento sopra la scorza che lui già, a uso di tarlo sopra il legname, andò consumando."

e ancora

"Vedesi in nelle montagne di Parma e Piacentia le moltitudini di nichi e coralli intarlati".

Leonardo uso un approccio molto moderno: l' attualismo - paragono i vecchi segni con tracce di moderni animali, é giustamente riconosce la loro "parentela".
Ma Leonardo comunque, come é noto, non sostenne mai i suoi risultati pubblicamente, e il suo sapere andò perso per le prossime generazioni.

Erano comunque tempi pericolosi, il naturalista Ulisse Aldrovandi, vissuto poco dopo Leonardo, fini i suoi ultimi anni di vita in arresto domiciliare, accusato di eresia.
Nella sua opera più importante, il "Musaeum Metallicum" (1648) descrive e rappresenta centinaia di fossili, minerali e tracce fossili, a pari di stranezze e mostri mitologici - anche se incline all´osservazione personale, Aldrovandi combina come del resto gran parte dei naturalisti di quei tempi, l´approccio scientifico di Galileo con l´approccio teoretico e filosofico dei pensatori dell'´era classica greca.

La conoscenza che fossili rappresentano i resti e le impronte di animali verrà accettata universalmente appena a meta del 18° secolo, anche se si rimarrà dell´idea che siano i testimoni del diluvio universale...

Fig.3. Non solo invertebrati - impronta tridattile del Gargano.

Bibliografia:

BAUCON, A. (2008): Italy, the Cradle of Ichnology: the legacy of Aldrovandi e Leonardo. Studi. Trent. Sci,Nat., Acta Geol. 83: 15-29

31.05.2010

L’arte rupestre australiana: datata a 40.000 anni ?

Archeologi hanno annunciato negli ultimi giorni la scoperta (avvenuta due anni fa) di quello che potrebbero essere i più antichi esempi di arte rupestre del continente australiano. Il disegno in ocra rossa, situato nell’entroterra della terra di Arnhem, mostra apparentemente due grandi uccelli non volatori.

Fig.1. Immagine di Benn Gunn, tratta da MASTERS 2010.

Secondo un’interpretazione il disegno è stato ispirato dal genere Genyornis, che comprende uccelli giganti che secondo il record fossile (tra cui gusci di uova) si sono estinti tra i 43.000 e 40.000 anni fa.

L’archeologo Benn Gunn cita un paleontologo, rimasto al momento ancora anonimo, secondo cui i caratteri del disegno sono riconducibili all’uccello gigante, e chi ha realizzato il disegno doveva avere a disposizione un modello vivente. Nella zona sono già conosciuti esempi che mostrano la fauna preistorica dell’Australia, tra cui animali accertati come il Tilacino, ma anche di dubbia attribuzione come il leone marsupiale, l’echidna gigante o il canguro gigante.
I disegni non possono essere datati direttamente, dato che non sono composti da sostanze organiche, per questo se l’interpretazione degli animali rappresentati è corretta, due sono le interpretazioni possibili: i disegni datano almeno a 40.000 anni fa, prima dell’estinzione di Genyornis, o i disegni sono più recenti, è il genere al contrario di finora ritenuto si è estinto in tempi più recenti.

Questa interpretazione comunque è da considerare con molta cautela, l’identificazione di animali dipinti è molto speculativa, e se mai le rappresentazioni dovrebbero rappresentare una fauna reale, è non una fauna con caratteri religiosi o fantastici, gli uccelli in questione potrebbero essere stati ispirati anche da uccelli non volatori più piccoli e tuttora in vita nell’Australia, come per esempio il comune Emu (Dromaius novaehollandiae).

Inoltre è interessante notare che gli animali mostrano un disegno a strisce. Questo potrebbe rappresentare o un disegno naturale degli uccelli, o, dato che sembra una caratteristica frequente nei disegni di aborigeni, un simbolo forse religioso, smentendo le varie ricostruzioni fatti su questi particolari di marsupiali estinti come p.e. il leone marsupiale.


Bibliografia:


MASTERS, E. : Megafauna cave painting could be 40,000 years old. ABC News. Online 31. May 2010. Accessed 31.05.2010

30.05.2010

Darwin e la teoria degli equilibri punteggiati

Charles Darwin nella sua opera più nota stranamente quasi non menziona i fossili che lui stesso raccolse nel Sudamerica, a parte brevi accenni nell' introduzione.

"WHEN on board H.M.S. 'Beagle,' as naturalist, I was much struck with certain facts in the distribution of the inhabitants of South America, and in the geological relations of the present to the past inhabitants of that continent. These facts seemed to me to throw some light on the origin of species-that mystery of mysteries, as it has been called by one of our greatest philosophers."

Fig.1. Il fossile che Darwin attribuisce a un piccolo mammifero roditore, dalla formazione di Monte Hermoso nell´Argentina (Pliocene inferiore), da DARWIN 1840, Fossil Mammalia Pl. XXXII.

Al contrario un intero capitolo di "Origin of Species" è dedicato alle lacune del record geologico è l'apparente mancanza di fossili di transizione. Questa discrepanza era nota già a Lamarck, che aveva postulato (e formulato una teoria) che le specie non sono fisse, è i limiti discreti tra di loro sono il risultato di una preservazione incompleta di forme di transizioni durante l'atto di fossilizzazione. Questa idea verra adoperata anche da Darwin ("Chapter IX, on the imperfection of the geological record").
A meta del 19. secolo era chiaro che specie si potevano estinguere, ma rimase il problema di come queste estinzioni avvengono e come dopo una di queste fasi il pianeta veniva ripopolato. Anche Darwin durante il suo viaggio sul Beagle, ancora prima della formulazione della sua teoria di trasmutazione, si chiedeva se delle specie possono morire e in che modo vengono rinate (escludendo una creazione divina), un'idea che era stata anche ipotizzata dal geologo italiano Giovanni Battista Brocchi nel 1814 (dimostrando ancora una volta il profondo cambio di pensiero in quei decenni).
Osservando fossili simili all'odierna Mara (Dolichotis patagonum), un roditore sudamericano che assomiglia a un piccolo cervo, Darwin pensava che specie venivano rimpiazzate nel tempo da forme simili tra di loro (Owen determinerà i fossili appartenenti a un relativo dell' odierno tucutucu o tuco-tuco, piccolo roditore del genere Ctenomys).

Comunque queste forme rimanevano entità concrete nello spazio e nel tempo, per esempio sul Warra, la volpe endemica e estinta che Darwin poté ancora osservo sulle Isole Falkland, scrive nel 1834 "…indisputable proof of its individuality as a species…".
Darwin comincio a lavorare sulla sua teoria dopo il ritorno in patria, e in un primo tentativo cerco di conciliare la sua vista delle specie come entità concrete con una possibile trasmutazione tramite salti concreti tra specie, cioè una specie poteva dare "nascita" a una nuova specie entro breve tempo.

Continua...

Fig.2. Le tre possibili relazioni di forme fossili di un certo orizzonte e recenti elaborate da Darwin tra il 1832 e 1835. Nel caso A il bradipo gigante/ armadillo gigante si estinguono e vengono rimpiazzati dalle specie recenti. Le specie non hanno una connessione diretta tra di loro. Nei molluschi (caso C) Darwin osserva una continuità delle specie, che persistono attraverso il tempo geologico. Il caso B é una versione intermediata dei primi due, i resti fossili dei peculiari roditori sudamericani sono relati con specie di roditori moderni, che si susseguono nel tempo geologico (ELDREGE 2008).

Bibliografia:

DARWIN, C. R. (1859): On the origin of species by means of natural selection, or the preservation of favoured races in the struggle for life. London: John Murray. [1st edition]
DARWIN, C. R. ed. (1840): Fossil Mammalia Part 1 No. 4 of The zoology of the voyage of H.M.S. Beagle. By Richard Owen. Edited and superintended by Charles Darwin. London: Smith Elder and Co.
ELDREDGE, N. (2009): A Question of Individuality: Charles Darwin, George Gaylord Simpson and Transitional Fossils. Evo. Edu. Outreach 2(1): 150-155
ELDREDGE, N. (2008): Experimenting with Transmutation: Darwin, the Beagle, and Evolution. Evo. Edu. Outreach 2(1): 35-54
QUATTROCCHIO, M.E.; DESCHAMPS, C.M.; ZAVALA, C.A.; GRILL, S.C. & BORROMEI, A.M. (2009): Geology of the area of Bahia Blanca, Darwin´s view and the present knowledge: a storay of 10 million years. Revista de la Asociacion Geologica Argentina 64(1): 137-146

28.05.2010

Sir Charles Lyell (1797 - 1875)

"The greatest merit of the Principles was that it altered the whole tone of one's mind, and therefore that, when seeing a thing never seen by Lyell, one yet saw it through his eyes."
C. Darwin

Fig.1. "Principles of Geology", 1st edition, 1st vol. Jan. 1830

I profondi cambiamenti durante la meta del 19. secolo nella paleontologia e l’avvento della teoria dell’evoluzione non possono essere compresi se non si considera i cambiamenti nella geologia promossi da un naturalista che viene ritenuto uno dei padri della geologia: Charles Lyell.

Sir Charles Lyell (1797 - 1875) si iscrisse all´Università di Oxford all´età di 19 anni. Studio per primo matematica, arti classiche e diritto (si laureo in legge), ma dopo che aveva assistito a una lezione di William Buckland nacque il suo interesse per la geologia. Dopo l´inizio come avvocato, nel 1827 il suo interesse per le scienze naturali e la geologia lo portarono a viaggiare in lungo e in largo per il continente europeo.

Nel periodo che va dal 1830 al 1833 pubblicò i risultati dei suoi studi nell’opera storica "Principles of Geology", in cui applicò e sviluppò la sua versione della teoria “attualista”, concepita in principio da James Hutton, e contrapposta al catastrofismo di quel periodo, sviluppata particolarmente dal naturalista Georges Cuvier. Non catastrofi e cambiamenti rapidi scolpirono la terra, ma lenti processi di deposizione e erosione, osservabili anche nei tempi moderni (da cui il nome "Attualismo"), anche se necessitano migliaia, se non milioni di anni. Nell’Uniformitarismo di Lyell le forze della natura sono le stesse nel passato, presente, e futuro. Lyell si ribello in questo modo contro le teorie geologiche accertate del suo tempo. Nella terza edizione dei suoi “Principles” si occupo di paleontologia e stratigrafia, é anche della storia naturale dell´uomo. Lyell affermo che l’età della terra e con essa del genere umano fosse molto più antica di quanto finora ritenuta.

Fu proprio una copia di Lyell´s libro, prestata a Darwin dal capitano Fitzroy, a dare a Charles un’idea degli abissi del tempo (e interessarlo nuovamente alla geologia, che dopo i primi corsi intrapresi all’Università considerava una scienza noiosa) che la terra é la vita avevano attraversati, un lasso di tempo necessario per la lenta evoluzione degli organismi come molti anni più tardi postulerò Darwin.

Darwin e Lyell diventeranno amici, e dopo la presentazione di Darwin sua teoria sulla trasmutazione, Lyell, dopo il primo scetticismo (che comunque si protrasse per più di 25 anni) diverrà uno dei più importanti sostenitori.

08.05.2010

Paleomammiferi: ultimi 100 anni

Fino al 1960 più di 50.000 articoli scientifici erano stati pubblicati che si occupano tematicamente con la paleontologia dei mammiferi.

Mentre i primi paleontologi all'inizio del 19. secolo si erano occupati in generale di paleontologia, spesso includendo nei loro interessi tutti i vertebrati, dalla seconda meta si osserva una specializzazione in diverse branche di studio. Con l'introduzione del concetto di evoluzione nel 1859 e l'abisso del tempo geologico, l'interesse si focalizza soprattutto alla storia paleontologica umana. Il celebre dibattito tra Huxley e Wilberforce il 30.giugno 1860, assistito da molti interessati, mostra che l'interesse della nostra origine si diffonde anche nel pubblico generale.

Nel 1856 in una grotta nella valle di Neander vengono scoperti i resti del celebre uomo, ma l'interpretazione di questi fossili e artefatti in pietra, attribuiti agli antenati dell'uomo, causerà agguerriti dibattiti.
Nel 1863 il geologo inglese Lyell pubblica "The Geological Evidences of the Antiquity of Man", in cui raccoglie le prove per la contemporaneità di artefatti umani e la fauna diluviana nel passato geologico, e stabilisce l'idea dell'antichità del nostro genere e le basi scientifiche per la paleoantropologia.

Con l'imperialismo e colonialismo europeo ricercatori del vecchio mondo sono in grado di studiare mammiferi fossili da quasi tutte le parti del mondo, dai fossili del Miocene greco ai cetacei dalla Russia. La scoperta di ominidi nelle colonie europee dell'Africa stimolano ulteriormente la ricerca condotta sulle origini dell'umanità.
Nel 1914 il geologo tedesco Hans Reck raccoglie nella gola di Oldoway piú di 700 ossa e scopre un scheletro umano con caratteri molto moderni, che tramite la stratigrafia del sito viene datato alla notevole etá di 800.000 a 1.000.000 milione di anni. La scoperta suscitá l´interesse e il sito negli successivi decenni verra studiato intensamente, con il risultato della scoperta di molti ominidi pliocenici e pleistocenici.

Fig.1. Hans Reck nel 1914 scopre nella gola di Oldoway un scheletro umano pressoché completo (OH1): La scoperta suscitera l´interesse per la regione, ironia della sorte che il reperto in seguito si rivelera una tomba neolitica di Homo sapiens.

Nel 20. secolo nuove tecnologie come la datazione radiometrica, e nuove teorie geologiche, come la deriva dei continenti, aiutano a chiarire la biogeografia e danno nuovi impulsi alla sistematica, appena nel 1945 viene pubblicata la sistematica che sta alla base della classificazione moderna dei mammiferi, George Gaylord Simpson "The principles of classification and a classification of Mammals."

Fig.2. Generi di mammiferi mesozoici descritti dal 1830 fino al 2003, quantitá assoluta e descizione per decennio. Si possono riconoscere tre fasi, dal 1870 al 1880 le ricerche condotte da Owen (1871) sui mammiferi della formazione di Purbeck e Stonesfield, e i lavori di Marsh (1879-1889) sui mammiferi del Giurassico e Cretaceo del Nord America. Nel 1920 Simpson (1928/1929) riforma la classificazione e aggiunge nuovi generi. Dal 1960-1970 inizia la moderna fase di ricerche su mammiferi del Mesozoico (da JAWOROWSKA et al. 2004).

Il 1960 è anno importante dato che vengono pubblicate molte opere che fanno luce sull'origine delle linee evolutive dei mammiferi recenti, inoltre escono i primi articoli moderni sui mammiferi mesozoici, la cui esistenza era stata messa in dubbio in precedenza. Anche se mammiferi fossili erano conosciuti dal Giurassico già da quasi 100 anni, la relazione tra mammiferi mesozoici e cenozoici era praticamente sconosciuta, come era sconosciuta la relazione dei primi terapsidi con i loro discendenti mesozoici.
Progressi nella biostratigrafia e ricerche sull'intero globo spostarono la conoscenza dei moderni gruppi fino al limite C-P. L'ipotesi di Alvarez proposta tra il 1960 e 1970 di un impatto alla fine del cretaceo accese un dibattito sull'apparente improvvisa radiazione dei mammiferi all'inizio del Paleocene.

Con la ricerca sistematica si osserva un'esplosione nei taxa conosciuti, tra il 1960 e 2003 vengono descritti 200 nuovi generi di mammiferi fossili, quadruplicando i generi fino a allora classificati.


Fig.3. Ricostruzione dell´artista Olduvai George, alias Carl Buell, di Sinodelphys per il libro "Evolution; What the Fossils Say and Why It Matters" uscito nel 2007 (PROTHERO & BUELL). Sinodelphys é il piú antico e primitivo mammifero con una possibile relazione coi marsupiali (Metatheria s.l.) finora conosciuto. I suoi resti fossili sono stati scoperti nel 2003 in sedimenti vecchi 125 milioni d` anni dalla China, Provincia Liaoning, sito che ha regalato anche i noti dinosauri piumati della fauna di Jehol.

Oggigiorno 4.000 generi fossili e piú di 1.000 generi recenti di mammiferi sono descritti - il gruppo di vertebrati con la maggiore diversificazione e adattabilità conosciuta.


BIBLIOGRAFIA:


COHEN, C. (1998): Charles Lyell and the evidences of the antiquity of man. In: BLUNDELL, D. J. & SCOTT, A. C. (eds) Lyell: the Past is the Key to the Present. Geological Society, London, Special Publications 143: 83-93.

JAWOROWSKA, Z.K.; CIFELLI, R.L. & LUO, Z.-X. (2004): Mammals from the age of Dinosaurs origins, evolution, and structure. Columbia University Press, New York.

POLLY, D.P.; LILLEGRAVEN, J.A. & LUO, Z-X. (2005): Introduction: Paleomammalogy In Honor of Professor Emeritus William Alvin Clemens, Jr. Journal of Mammalian Evolution 12(1/2); 3-8; DOI: 10.1007/s10914-005-6942-5
RECK, H. (1933): Oldoway. Die Schlucht des Urmenschen. Leipzig

06.05.2010

Eohomo

30. Giugno nell´anno del signore 1860, museo dell´università di Oxford, l´annuale riunione della "British Association for the Advancement of Science" é incominciata. Scienziati, preti, uomini e donne di ogni rango si sono accomodati nei banchi di legno, per seguire una disputa sulla domanda più importante - da dove veniamo?

Per primo parla Thomas Henry Huxley, zoologo e sostenitore di un'idea nata solo da circa un anno, sull'origine dell´uomo e le similarità tra i cervelli dell´uomo e delle scimmie.
Huxley é sostenitore di un libro uscito nel 1859 scritto da un teologo-naturalista nativo dello Shropshire, a tal punto, che si é guadagnato il nomignolo di "mastino di Darwin".
Darwin, dopo studi durati quasi 30 anni, afferma che le specie non sono immutabili, ma tutto il creato osservabile - é anche l´uomo- nel mondo attuale si é "evoluto" da forme più antiche, e che l´uomo é la scimmia sono "imparentate" in tempi geologici. Le specie discendono da un antenato comune, e le specie non sono state create in un unico atto divino.


Su quello che succede poi non esiste un protocollo ufficiale, ma Huxley racconterà la faccenda (o la sue versione su di essa) nella sua autobiografia:
Alla fine del brillante discorso, alza la voce l'arcivescovo Samuel Wilberforce di Oxford é si permette di chiedere all´oratore "é attraverso suo nonno o sua nonna che discenda dalle scimmie?" Huxley, stando alle sue memorie, in quel momento sa che "Dio l´ha messo nelle mie mani!", é tranquillo risponde "Preferisco discendere da una scimmia, che da un uomo di cultura che ha prostituito il sapere e l´eloquenza al servizio del pregiudizio e della falsità".
Nessuno aveva mai cosi definito un uomo di Chiesa.


A quel punto l´uditorio esplode, una signora sviene a quelle parole, é il rinomato Capitano Robert Fitzroy* perfino é tentato di tirare la sua bibbia contro Huxley.

Ma ormai la maggioranza degli scienziati presenti ha preso le parti di questa "teoria sull´evoluzione", presentata negli ultimi anni da un gentiluomo naturalista inglese, Charles Robert Darwin, e uno studioso naturalista gallese di nome Alfred Russel Wallace. Entrambi, osservando le varietà del mondo naturale che li circondava, ma anche i fossili che non mostravano nessuna appartenenza a questo, avevano formulato una teoria, secondo cui specie potevano mutare, creare nuove specie, adatte a tutte le nicchie ecologiche che il pianeta offriva. Sara sola questione di tempo finche questa teoria verrà adoperato anche sull'origine dell´uomo, che finora si era visto sempre distaccato dal mondo naturale.

La chiesa anglicana si ritirerà su questa discussione, ritenendola un problema scientifico, non teologico o filosofico. Quella cattolica resterà invece decisamente contraria all´ipotesi di Darwin, sopratutto sul fatto della discendenza dell´uomo.
Anche nei circoli mondani si dovrà rivedere alcune posizioni, il primo ministro Benjamin Disraeli aveva, infatti, affermato poco dopo la pubblicazione di Darwin: "Il signor Darwin sarà pure disceso da una scimmia; io, invece, discendo dagli angeli."
Ma già i primi studi anatomici tra uomo e scimmie antropomorfe mostrano nelle parole stesse di Huxley "Possiamo prendere gli organi che preferiamo, comparare le loro modificazioni nella linea delle scimmie ci mostra sempre solo un risultato: le differenze anatomiche, che ci sono tra uomo, gorilla e scimpanzé, sono di gran lunga minore che quelle tra gorilla e tutte le altre scimmie minori."


Fig.1. Huxley 1876: Eohomo e Eohippus

*Per sfiatare un mito che vede Fitzroy antievoluzionista per motivi di ignoranza - Fitzroy era un competente navigatore e un abile geologo amatoriale, durante il viaggio del "Beagle" collezionava dati geologici per dimostrare l´idea del diluvio universale, una ipotesi ritenuta verosimile e molto diffusa al tempo, fu anche lui a dare la copia dell´opera di Lyell "Priniples of Geology" a Darwin. Purtroppo Fitzroy era anche di carattere molto (troppo) conformista.

05.05.2010

Quando gli pterosauri erano ancora mammiferi

"There existed at a certain but unknown era of the world, animals so different from any which we are acquainted in a living state, that we seems almost lost in our attempts to understand their structure,so awkward and uncouth does it appear."
Newman 1843


Nella storia della paleontologia sembra essere un tema ricorrente il tentativo non solo di paragonare il passato al presente, ma di classificare vertebrati fossili tra i vertebrati che conosciamo meglio: i mammiferi. Sia dinosauri che uccelli nel passato sono stati attribuiti a questo ordine, ma anche i vertebrati forse più misteriosi che si conosca: i pterodattili.

Il direttore del cabinetto delle curiosità del principato della Pfalz (a sudovest della odierna Germania) Cosimo Alessandro Collini fu il primo a rappresentare un pterodattilo nel 1784. Basandosi sui fossili di pesci e crostacei associati della scoperta, che proveniva da una cava per calcarei nei pressi della città di Eichstätt (Baveria), postulo che lo strano animale doveva essere una creatura marina, ma non si espresse ulteriormente.
Fu il naturalista francese-tedesco Johann Hermann (1738-1800), basandosi sulla rappresentazione di Collini, il primo a postulare che la creatura possedeva una membrana alare sorretta dal quarto dito della mano e che era un animale in grado di volare.
Nel marzo del 1800 contatto il paleontologo francese Cuvier con una lettera, in cui presento la sua ricostruzione della specie come un mammifero con un corpo coperto da peli (che nel reperto originale, che comunque Hermann non aveva potuto studiare, non sono conservati), ampie ali che ricordano quelle di un pipistrello - soprattutto nella parte tra il collo è il braccio dell’ animale, come tra gli arti inferiori, e quello che sembrano dei organi genitali esteriori (?).
Nel 1801 il naturalista francese Cuvier studiando il disegno di Collini riconobbe che questo animale aveva poco in comune con vertebrati moderni. Senza mai vedere il reperto originale Cuvier confermo che il quarto dito della mano, straordinariamente allungato, in vita aveva sopportato una membrana, che la creatura usava per spiccare il volo. Questa caratteristica diede anche il nome scientifico all'animale Pterodactylus - dito volante.

Stranamente Cuvier annota che si tratta dell'animale più strano della preistoria, senza forme recenti paragonabili. Forse Cuvier comprese che la sua classificazione del pterodattilo tra i rettili non sarebbe stata accettata universalmente.
Infatti anche dopo Cuvier alcuni autori ritorneranno all´idea che lo pterodattilo fosse un animale marino, i cui arti fungevano da pinne.

Nello schema classico la fisiologia dei rettili era ritenuta di gran lunga inferiore a quella di moderni vertebrati, uccelli e mammiferi, che erano in grado di volare, un'attività energeticamente molto costosa.
Il paleontologo inglese Owen accetta la classificazione come rettile, ma osserva che il metabolismo di questi rettili li abilitava solo a voli insicuri e le loro dimensioni massime non potevano raggiungere o superare quelle dei moderni vertebrati con un metabolismo efficiente.
Nel 1847 questa teoria fu rifiutata grazie a "Pterodactylus giganteus", animale che con un´apertura alare di 4,7m supera ogni mammifero volante e ogni uccello moderno.


Edward Newman (1801-1876) era un naturalista che in principio si dedico all´entomologia, ma negli anni tardivi della sua carriera fonda la rivista "The Zoologist", in cui nel 1843 pubblico la sua opinione sui pterodattili, in cui oso contraddire Cuvier.
Dato la somiglianza dello scheletro con odierni pipistrelli, e la necessità di un metabolismo endotermico, classifica i pterodattili tra i mammiferi, come già il naturalista e anatomo tedesco Thomas von Sömmerring aveva notato le somiglianze tra pterosauri e pipistrelli.
La celebre ricostruzione di Newman mostra un animale simile a un marsupiale volante, gruppo che si sapeva di antica origine, con una pelliccia e grandi occhi e orecchie.



Fig.1. Ricostruzione secondo l´ipotesi di Newman di Pterodactylus crassirostris e nella parte inferiore Pterodactylus brevirostris
.

Harold Govier Seeley dedica una monografia ai “Dragons of the Air” (1901), in cui da ampio spazio alla descrizione delle somiglianze anatomiche tra uccelli e pterosauri, e implica un modo di vita e un altrettanto modo di volo attivo.
Pero nel mondo anglosassone nei decenni successivi prevale la ricostruzione a forma di rettile classico, a dispetto di quello germanico, in cui le ricerche di Goldfuss e la sua interpretazione di piccole conce sulle ali conservate di alcuni fossili della Baviera come follicoli per peli sono accettate è danno la possibilità a ricostruzioni di animali molto più dinamici.

La ricerca moderna ha infine constatato che pterosauri erano coperti sul corpo da peli e che sono più strettamente imparentati con gli arcosauri, la collocazione di questi “peli o setole” nella parte più esterna dell’epidermide ne fa delle strutture evolute a parte, non comparabili con la pelliccia dei mammiferi.


BIBLIOGRAFIA:
NEWMAN, E. (1843): Note on the Pterodactyle Tribe considered as Marsupial Bats. The Zoologist 1: 129

RISORSE:
NIEUWLAND, I.. (2010): Newman’s flying bats, 1843. ARCHAEOPTERYX -Chapters in the history of palaeontology BLOG

Ringrazio FABIO MANUCCI per le segnalazioni e ulteriori informazioni in merito alla tematica.

24.04.2010

Sulle orme dei sauri

La scoperta annunciata nel Marzo 2010 di ritrovamenti di impronte fossili di rettili nel Trentino (segnalato qui e qui) aggiunge un´ulteriore capitolo nella ricca storia geologica e paleontologica dei monti pallidi - le Dolomiti. I ricchi giacimenti di fossili reperibili e l´importanza per le scienze geologiche di questa area é stato uno dei motivi per dichiarare le Dolomiti patrimonio dell´umanità nel Giugno 2009.

La prima menzione di tracce di vertebrati fossili -icnofossili- risale al 1800-1802, quando un giovane studente scopri impronte di dinosauro nel Giurassico del Connecticut.
Ma si deve aspettare quasi fino al 1950 che l´icnologia, la scienza che studia le impronte fossili, si stabilisce come ricerca propria.
Considerando questo, le Dolomiti hanno giocato un ruolo importante nella storia e nello sviluppo dell´icnologia.

Nel 1891, in una cava di arenaria nei pressi di Gleno e Montagna, Provincia di Bolzano, il naturalista amatoriale F. Gasser raccolse uno strano frammento di roccia. Invio i reperti al paleontologo austriaco Ernst Kittel, che riconosce somiglianze con impronte di rettili scoperti pochi anni prima nella Turingia. Kittel pubblica una breve notizia del ritrovamento nella rivista del club turistico austriaco nel 1891 - era la prima impronta di rettile trovata nel Trentino-Alto Adige.


Fig.2. Sul notiziario dell´"Österreichischer Tourist Club" del 1891 compare la prima descrizione scientifica di un'impronta di rettile rinvenuta nell´area delle Dolomiti.

Anni dopo, nell´estate del 1931, Gualtiero Adami, ingegnere e collaboratore del Museo di Scienze Naturali della Venezia Tridentina, scopre durante un sopraluogo sull´altopiano di Piné una pietra su cui superficie era impressa una sagoma simile ad una lucertola. Il fossile fu consegnato al museo e studiato dal geologo Giorgio del Piaz, che durante una riunione della società Italiana per il Progresso Scientifico nel settembre dello stesso anno annuncio "la scoperta di un nuovo genere probabile di paleolacertide raccolto nei pressi di Piné in un sottile letto di tufo compreso entro il porfido permiano", che attualmente e in fase di studio. Il fossile conferma anche le prime attribuzioni a rettili come artefici delle orme fossili.
Il fossile però viene messo in disparte, prima a Milano, poi nel 1938 a Padova. Nel 1942 Giambattista Dal Piaz cita brevemente il reperto, parlando di "un bellissimo rettile lacertiforme di habitat sicuramente terrestre". Il fossile viene esposto nel museo con la denominazione Tridentinosaurus antiquus GB dal Piaz, ma appena nel 1959 viene descritto scientificamente da Piero Leonardi, che ne riconosce il significato, come vertebrato in peculiare stato di conservazione (resti di scheletro e patina carboniosa delle parti molle) e più antico delle Alpi meridionali.

Fig.4. Tridentinosaurus.

Per ulteriori tracce fossili si deve aspettare il 1946, quando Piero Leonardi si mette sulle tracce della flora permiana dell´Arenaria della Val Gardena, conosciuta dal 1877. Incuriosito da un resoconto sulla flora fossile della gola del Bletterbach, nei pressi di Redagno, si mette in contatto con l´autore dell´articolo, l´ingeniere Leo Perwanger. Insieme scoprono ulteriori fossili, e alcune lastre con delle impronte di rettili. Dopo alcune stagioni di scavo, nel 1951 Leonardi pubblica i risultati, e realizza l´importanza del sito.

Prosegue le ricerche insieme a Accordi e i suoi studenti.
Nell´estate del 1951 Leonardi scopre a fianco del Monte Seceda (Val Gardena) ulteriori piste e tracce nei sedimenti permiani affioranti. Nel 1955 insieme a Accordi rinviene una località lungo la strada tra Pausa e Doladizza, sul fianco sinistro della valle dell´Adige. E l´anno successivo, insieme ai suoi figli, individua un altro affioramento ad impronte permiane nei pressi del Passo di San Pellegrino.

Fig.5. Piste di tetrapodi con impronte di pelle (sotto a destra). Strati di Werfen, Triassico - Passo Palade.

Le ricerche nel sito di Bletterbach, una località di significato mondiale, proseguono dal 1973 fino ai giorni nostri. La risalita della gola che il rio ha scavato nel fianco della montagna offre la possibilità di attraversare l´intera successione sedimentaria permiana superiore, dalla quale proviene l´insieme più completo finora conosciuto di orme di rettili terrestri del Permiano superiore, con 8 icnogeneri e 9 icnospecie classificati finora, di cui alcune vengono attribuite a Sinapsidi, e sono di recente data ulteriore scoperte da parte del geologo Avanzini.

Fig.6. Vista della gola del Bletterbach (BZ).

BIBLIOGRAFIA:
AVANZINI, M. & WACHTLER, M. (1999): Dolomiti La storia di una scoperta. Athesia S.a.r.l. Bolzano: 150

AVANZINI, M. & TOMASINI, R. (2004): Giornate di Paleontologia 2004 Bolzano 21-23 Maggio 2004 Guida all´escursione: la gola del Bletternach. Studi Trentini di Scienze Naturali - Acta Geologica Supplemento al v.79 (2002):1-34

LEONARDI, G. (2008): Vertebrate ichnology in Italy. Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 83 (2008): 213-221

18.04.2010

T rex: Il re delle sanguisughe

In molti film di avventura é un’immagine ricorrente - il protagonista o una comparsa dopo aver attraversato una palude si toglie con disgusto delle sanguisughe (sottoclasse Hirudinea) dalla pelle. Ma c´e di peggio: mentre questi rappresentanti ectoparasiti normalmente si attaccano sull´ospite solo per un breve tempo, esistono tra gli Hirudinea anche specie che entrano nelle cavità del corpo, tra cui bocca, naso, occhi, ma anche aperture urogenitali e il recto, e sono noti per rimanerci per giorni o perfino settimane.
Mentre molte si queste specie sono opportuniste, alcune si sono adattate a uno specifico ospite, e l´uomo non fa eccezione,con dei parassiti personali. Esempi di infestazione nelle cavità interne di animali e uomini da parte di sanguisughe sono conosciuti da tutti i continenti, anche se si osserva una concentrazione nell´Africa e Asia.


Fig.2. Esempio di sanguisughe che attaccano le cavità nasali (C+D) Myxobdella annandalei e altri orifizi di mammiferi, tra cui occhi (A+B, Dinobdella ferox) da PHILLIPS et al. 2010.

La storia evolutiva di infestazione dei mammiferi, la sistematica e la filogenia di parassiti é ancora poco studiata, sopratutto per la mancanza di fossili di questi animali piccoli a corpo molle.
Un notevole progresso nella ricerca é l´attuale studio del materiale genetico delle specie conosciute.
In una recente ricerca viene presentata una nuova specie di sanguisuga, che infesta le cavità dell´uomo, e ha portato a notevoli risultati.
La specie Tyrannobdella rex ("Re delle terrificanti sanguisughe") é stata descritta dalle cavità nasali di diversi ragazzi peruviani, e raggiunge una lunghezza di 7cm.
Questa specie é unica nel suo genere in molti caratteri anatomici e la presenza sul continente americano sudamericano, di cui é l´unico rappresentante. Solo un´altra specie imparentata, Pintobdella chiapasensis, é stata descritta dal Messico. Ma T. rex differisce in molti punti dalle sanguisughe finora conosciute - possiede a differenza di altre specie (che né possiedono tre disposte a forma di Y) solo una singola "mandibola" con una file di pochi denti, che peró sono particolarmente sviluppati.

Fig.3. Morfologia comparativa di Tyrannobdella rex. A) Fotografia della singola "mandibola" con file di denti (Scala 100micrometri) estesa dall´apertura della "bocca". B) Ventosa anteriore con l´apertura boccale da cui esce la mandibola durante l´alimentazione (Scala 1mm). C) Immagine del profilo degli 8 denti sulla mandibola (Scala 100micrometri).D) Visione laterale della mandibola di un´altra specie di sanguisuga (Limnatis paluda) che mostra il tipico sviluppo dei denti degli Hirudinea - molti, ma piccoli denticoli (Scala 100micrometri) da PHILLIPS et al. 2010.

La distribuzione eterogenea di diverse specie di sanguisuga sulla terra con un simile stile di vita - di cibarsi del sangue nelle cavità di mammiferi- ha fatto pensare che si tratta di un’evoluzione convergente in diversi gruppi di sanguisughe.
Ma la nuova specie mostra caratteri che la collegano a altre specie con lo stesso comportamento, non solo sul continente americano, ma anche nel vecchio mondo. L´analisi effettuata sul materiale genetico conferma i caratteri morfologici e di comportamento - le sanguisughe che mostrano una preferenza per le cavità dei mammiferi si sono differenziati da un comune antenato.

Fig.4. Albero filogenetico ottenuto dallo studio delle sequenze mitocondriali di diverse specie di sanguisughe. Myxobdella, Praobdella e Dinobdella sono dei generi di Hirudinea che infestano l´uomo nel vecchio mondo. La nuova specie T.rex si colloca in questo gruppo e ne sottolinea l´origine monofiletica, da PHILLIPS et al. 2010.

Fig.5. Comune sanguisuga (Hirudo sp.) delle nostre latitudini.

BIBLIOGRAFIA:
PHILLIPS et al. (2010): Tyrannobdella rex N. Gen. N. Sp. and the Evolutionary Origins of Mucosal Leech Infestations. PLoS ONE 5(4): e10057. doi:10.1371/journal.pone.0010057

Immagine introduttiva: "Attack of the Giant Leches" (1959)