27.02.2010

The Mighty Gorga (1969)

Il film King Kong é uno dei più grandi successi cinematografici uscito 75 anni fa il 2 di marzo del 1933. Ha influenzato anche la storia della scienza (nella versione originale, come anche i remakes moderni, libri, gadgets e molto altro), ispirando molti giovani spettatori a sognare, e poi eventualmente anche a intraprendere la carriera di scienziato e/o paleontologo.

È quasi impossibile citare tutti i film ispirati da King Kong, tra cui molti che semplicemente hanno fatto copia e incolla della trama o del mostro - un primate gigante - con risultati che vanno dal rispettabile al delirante e patetico.

Una perla che ricade nell´ultima categoria e "The mighty Gorga" di David L. Hewitt prodotto nel 1969
.

La trama sembra conosciuta: su un altopiano isolato nel Congo sono sopravissuti dinosauri e altre creature preistoriche, tra cui Gorga, venerato dai nativi come dio. Una spedizione sponsorizzata da un circo scopre questa terra, é cerca di catturare il mostro come attrazione. I produttori non hanno nemmeno cercato di negare che hanno copiato dall´originale, ma cosa fa di questo film notevole e l´alto fattore "trash" che possiede - gli effetti speciale sono da vedere per credere. Come se non bastasse, Hewitt ha "prestato" alcune scene da altri film (!), p.e. Goliath and the Dragon (1960).

26.02.2010

Alla ricerca di Artiodattili misteriosi

"Dopo l´avvistamento, per quanto sia vago o causale, di una forma animale apparentemente sconosciuta, questo metodo consiste nell´accumulare poco a poco su di esso, a partire dalle fonti più varie, la maggiore quantità possibile di informazioni, nell´analizzare questi dati eterogenei, nel compararli e filtrarli, eliminando tutto ciò che é ascrivibile a burle, sviste, o variazioni individuali, fino a giungere ad una sintesi coerente e logica".
Bernard Heuvelmans (1965)

Fig.1. Un misterioso artiodattilo in una stampa chinese del 1607 (WANG & WANG 1607), cha dalla forma delle corna ricorda il genere enigmatico Pseudonovibos spiralis.

John MacKinnon stava esplorando nel Maggio del 1992 la regione del Vu-Quang (Nordvietnam) incaricato dal WWF a studiare possibili aree da tutelare.
Immagini satellitare della regione sembravano promettenti, una zona montuosa, di difficile accesso, e per questo con ancora rigogliosa foresta vergine. Nei rari paesi il ricercatore senti gli indigeni parlare di due specie di "capre" che vivevano nella foresta, sorprendentemente alla scienza era conosciuta solo una specie - il Serau. (Capricornis crispus).
I cacciatori raccontavano di una "capra della montagna" con lunghe corna, di cui due a tre volte l´anno catturavano un esemplare. Nel paese di Kim Quang, MacKinnon riuscì a recuperare tre calotte craniche provviste di corna. Fino all´estate 2003 quattro spedizioni di ricercatori vietnamiti riuscirono a collezionare resti di altri 20 esemplari, tra cui tre pelli complete.

La ricostruzione tramite i resti dell´animale mostrava un artiodattilo simile a un´antilope, con un'altezza di 80 a 90cm, un peso stimato di 100kg, coda corta, arti piccoli, colorazione bianca a strisce della testa. Il termine vietnamita era Saola, il nome scientifico di questa specie descritta tramite gli indizi raccolti é "Pseudoryx nghetinensis", falso orice del(la regione del) Nghe-Tinh. Solo dopo la conferma ufficiale dell'animale si comprese che archeologi avevano scoperto gia nei decenni passati anellini per orecchie della cultura dei popolo dei Sa-Huynh (1.000-200a.C.), nella regione centrale del Sud Vietnam, fatti di vetro o pietra (nefrite) con due teste di animali sconosciuti. Con la scoperta dello Pseudoryx nghetinensis nel 1992 forse si è riuscito a ritrovara l´animale che gli antichi avevano riprodotto.
L´interesse suscitato dalla scoperta fece crescere a dismisura la caccia a questo animale, nel 1994 alcuni esemplari giovani cacciati a frodo vennero sequestrati e portati allo zoo di Hanoi, dove pero morirono dopo alcuni mesi. Fino a oggi molto rimane nel dubbio sull'ecologia e la popolazione del Serau.


Per MacKinnon le scoperte non si limitarono a questo animale, nell'Aprile 1994 riuscì nello stesso paese della prima scoperta a recuperare un palco che assomigliava a quello del Muntjac indiano, ma grande il doppio con 20cm di lunghezza. Analisi del reperto tramite il profilo genetico rivelarono un'ulteriore specie sconosciuta: Megamuntiacus vuquangensis. Poco dopo un animale vivo fu scoperto in uno zoo privato della città di Lak Xao. Il Muntjac gigante può raggiungere un'altezza di 75cm, e un peso di 55kg.
Dallo zoo di Lak Xao arrivarono altri animali che erano conosciuti alla popolazione, ma non dalla scienza ufficiale, tra cui il "Fan Dong" - il Muntjac della foresta matura. Dal Vietnam sono conosciuti 18 crani di un cervo nano, il Truong-Son-Muntajc (Muntiacus truongsonensis), che dai locali viene chiamato " sam coi cacoong " - il cervo che vive nella foresta profonda/fitta. Fino ad oggi nessun scienziato è riuscito a osservare un animale vivo.


Ma le scoperte di misteriosi artiodattili non finiscono qui. Nel 1993 il biologo tedesco Wolfgang Peters scopri su un mercato di Saigon alcune corna inusuali, curvati con una striatura e lungi 45cm. Gli indigeni chiamano l´animale a cui sembra appartengono "Linh Duong", capra della montagna o pecora di montagna. In un primo momento le corna furono attribuite al mitico Kouprey, bovide raffigurato sui palazzi del popolo dei Khmer, é conosciuto alla scienza in principio solo tramite alcune corna e un esemplare catturato nel 1937 dal veterinario R. Sauvel, e poi descritto come Bos sauveli. Nel 1988 si stimava che esistevano ancora 300 esemplari di questa specie nel Cambogia, Laos, Vietnam e Tailandia - la situazione odierna é sconosciuta.

Ma secondo Peters le corna scoperte da lui non assomigliano a quelle del Kouprey, e anche se erano vecchie alcuni decenni (furono raccolte nel 1925), ha descritto insieme all´esperto per mammiferi Alfred Feiler una nuova specie: Pseudonovibos spiralis. In un negozio a Saigon é stato possibile acquistare una scultura in legno con delle corna attaccate, la testa scolpita assomiglia a una capra. Caratteri morfologici delle corna fanno pensare a una relazione con antilopi o capre, descrizione da parte di cacciatori invece a un bovino.

Ma un test del DNA e la composizione degli isotopi da parte di HASSANIN et al. 2001 gettano una luce completamente diversa sul caso. Secondo la sequenza genetica non c´e differenza rispetto al comune bovino addomesticato, Bos taurus, e gli isotopi mostrano che l´animale viveva in ambiente aperto e si cibava di erba, escludendo che si tratti di un abitante della foresta come postulato dalle circostanze di ritrovo dei resti studiati.
Fino a oggi non é chiaro se con P. spiralis si tratta di un animale reale, e se esiste ancora, o il tutto e un abile falso, pensato e fabbricato come talismano magico.

BIBLIOGRAFIA:
WANG CHI & WANG SI YI (1607): San Cai Tu Hui. China.

HEUVELMANS, B. (1965): On the Track of Unknown Animals. New York: Hill and Wang.
HASSANIN et al. (2001): Evidence from DNA that the mysterious 'linh duong' (Pseudonovibos spiralis) is not a new bovid. Comptes Rendu de l'Academie des Sciences, Paris, Sciences de la vie 324: 71-80

24.02.2010

E l´evoluzione creò il gabinetto: Coevoluzione tra mammiferi e piante carnivore

Le piante carnivore del genere Nephentes sono conosciute per il loro metodo di "caccia" - foglie modificate fungono da trappola naturale, in cui vengono catturate e digerite le prede - insetti e altri piccoli artropodi. Leggenda vuole che tra le vittime ci siano anche piccoli mammiferi, ma forse la spiegazione di mammiferi sull’ o nella trappola é più notevole (a parte che gli animali sono in grado di uscirne o di rosicchiare un’uscita ) .

Nepenthes lowii, una specie del Borneo, vive in ambienti montani dove insetti sono rari. Mentre individui giovani cacciano in modo consueto, piante mature adattano le loro trappole a un nuovo scopo, quella da fungere come latrina per roditori e altri piccoli mammiferi. Questi usano le diverse piante nel loro territorio regolarmente.
Le foglie formano una specie di ampia brocca, adatta alla mole degli ospiti, e secernano un liquido che attira i piccoli mammiferi, che lo leccano avidamente, e defecano allo stesso tempo. È possibile anche che il liquido abbia un effetto lassativo sugli animali.
Nella "sforzata" posizione per raggiungere la ricompensa, le feci cadono nella "brocca" naturale.

Secondo la ricerca condotta dai ricercatori grazie a questa strategia la pianta acquisisce l´azoto di cui ha bisogno in un ambiente povero, un perfetto esempio di coevoluzione e mutualismo, in cui entrambi i partner involti ne traggono un profitto.


BIBLIOGRAFIA:
CLARKE et al. (2010): Tree shrew lavatories: a novel nitrogen sequestration strategy in a tropical pitcher plant. biology letters; published online before print June 10, 2009, doi: 10.1098/rsbl.2009.0311

FONTE:
Immagine: Shrew taking a moment - photo Ch’ien Lee
Intervista al Dr. Jonathan Moran (3MB mp3)

21.02.2010

B-movie: Quatermass and the Pit (1967)

In molti film di fantascienze e di categoria B un ruolo importante e classico viene interpretato dal mostro. Spesso queste creature sono state ispirate da esseri preistorici, in prima linea dai onnipresenti dinosauri, ma alcune volte anche mammiferi e i loro "derivati".
Il classico film di mostro ha una trama abbastanza prevedibile: degli uomini entrano o scoprono un luogo non destinato a essere esplorato, risvegliano il mostro, il scienziato obbligatorio spiega di cosa si tratta (anche per coloro che stanno guardando il film), é alla fine si scopre come ucciderlo...

"Quatermass and the Pit" é un film della categoria science-fiction/horror del 1967, prodotto dalla ditta inglese Hammer Film Productions (conosciuta per le sue produzione di B-movies) e basato su una serie televisiva della BBC andata in onda nel 1958.
Negli Stati Uniti il film é stato rilasciato sotto il titolo "Five Million Years to Earth", nella Germania "Das grüne Blut der Dämonen" (Il sangue verde dei demoni).


La trama si basa su una sceneggiatura di Nigel Kneale, e non segue esattamente il schema riportato prima, anche il mostro-mammifero preistorico gioca un ruolo minore alla prima apparenza. Niente di meno il film vale essere menzionato come esempio di paleomammiferi B-movie (o meglio P-movie?):


"Durante lavori per la costruzione della metropolitana di Londra viene scoperto un cranio scimmiesco. Portato dall´esperto, l´antropologo Dr. Roney scopre che si tratta di un cranio di una razza di primate molto più antica di quelle finora conosciute.

Fig.1. Il Prof. Quatermass insieme al Dr.Roney e il mostro scimmia-uomo.

Intanto i lavori di scavo vengono interrotti da quello che sembra la scoperta di una bomba-razzo della seconda guerra mondiale, di tipo sconosciuto, e circondata da ulteriori resti fossili.
Il generale Breen chiama in aiuto il professore Quatermass, esperto di razzi, che presto scopre che si tratta di una astronave aliena! L´ípotesi che viene sviluppata nel film: milioni di anni fa una razza superiore di insetti venuti da Marte hanno tentato di creare una razza di schiavi da primitive scimmie."

Infatti la ricostruzione effettuata in straordinario tempo da Roney mostra una scimmia con testone gigante, un missing link tra uomo e animale. Ma prima di riuscire nell´intento, la razza aliena si é autodistrutto nel folle tentativo di evolversi in un essere perfetto, eliminando gli individui differenti o ritenuti deboli. Questo carattere é stato inserito anche nei primati modificati, e con la scoperta della nave spaziale il programma che si trova ora negli umani é stato attivato. Noi siamo i mostri!

L´idea che la vita sulla terra, o l´avvento dell´uomo, possa essere spiegata grazie all´intervento di alieni é spesso e volentieri usato nelle storie di fantascienza ancora oggi (un esempio recente é il film Mission to Mars del 2000), ironico pensare che alcuni autori pseudoscientifici l´hanno perfino proposta seriamente nei loro libri.

20.02.2010

Pachycrocuta

In Italia, l’inizio dell’età a mammiferi Villafranchiano (3,2-1,1Ma) vede un profondo rinnovamento faunistico, che segna la transizione tra faune plioceniche arcaiche, adattate a un ambiente caldo-umido subtropicale, a faune a carattere più moderno, adattate a condizioni climatiche più fresche e meno umide. In Italia giungono nuove specie sia di carnivori sia di erbivori, e si diffondono alcune forme adattate a spazi aperti. Fra i carnivori fanno la loro comparsa la iena cacciatrice Chasmaportetes lunensis, una delle prime specie di iene in Europa, ma ancora scarsamente adattata alla triturazione delle ossa.

Fig.1. Iena maculata (Crocuta crocuta) da GEIKIE 1914

Nel quadro generale si assume che le iene si sono estinte sul continente europeo alla fine dell´ultima glaciazione, anche se non esiste una chronologia del declino assoluta sull´intero territorio. Durante il Pleistocene superiore in Europa vivevano due specie di iene, Hyaena hyena, la ieana striata, e Crocuta crocuta, l´iena maculata.
In depositi della Spagna al termine del Pleistocene i ritrovamenti di queste specie divengono rari, mentre in quelli italiani mancano completamente. C. crocuta é documentata qui dal medio al Pleistocene superiore, uno dei più giovani siti é la caverna di San Teodoro in Sicilia, ultima bastione di questi animali sul continente con la subspecie C.crocuta subsp. spelaea, Goldfuss 1832.


Fig.2. Pachycrocuta brevirostris da TURNER & ANTON 1996, scala = 20cm.

Il primo fossile di Pachycrocuta descritto e rappresentato da Boule (1893) é un cranio del Pleistocene inferiore dal sito di Sainzelles nella Auvergne (Francia). Da allora resti di questa specie sono stati ritrovati sull´intero continente europeo fino alla regione del Mar Nero e attraverso l´Asia centrale fino in China.
Di eta maggiore (3-1,5Ma) sono i fossili dell´Africa. Il più antico resto occorre negli depositi della caverne di Makapansgat nella provincia del Transvaal. Mentre la specie si estingue sul continente africano circa un milione e mezzo di anni fa, il più antico sito europeo é quello del Pleistocene inferiore (1,6Ma) dei depositi di Olivola in Italia, da li in poi é rappresentata in molti siti europei, fino alle ultime apparizioni in siti del Pleistocene medio nella Germania (Süssenborn).


Caratteristica prominente é la mole del animale, comparabile a un leone recente, anche se questa considerazione é basata sopratutto su resti di cranio, mandibole e denti - resti dello scheletro postcraniale sono rari e frammentari.


Fig.3. Mandibola di Pachycrocuta. Le iene usano i premolari con le punte tozze per spaccare ossa. Meccanicamente sarebbe favorevole usare l´ultimo dente - il molare, vicino al punto di rotazione, ma questo ha già un altra funzione, come "forbice" per tagliare carne (da ANTON & TURNER 1997).

BIBLIOGRAFIA:
GEIKIE, J. (1914): The antiquity of man in Europe. Oliver & Boyd. Edinburgh
TURNER, A.& ANTON, M. (1996): The giant hyaena, Pachycrocuta brevirostris (Mammalia, Carnivora, Hyaenidae). GEOBIOS, 29(4): 455-468
ANTON, M. & TURNER, A. (1997): The big cats and their fossil relatives.Columbia University Press
YLL, R..; CARRION, J.S.; MARRA, A.C. & BONFIGLIO, L. (2006): Vegetation reconstruction on the basis of pollen in Late Pleistocene hyena coprolites from Teodoro Cave (Sicily, Italy). Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology 237: 32-39

19.02.2010

La fine é vicina...

Secondo l´assocazione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) circa la metà (48%) delle conosciute 634 specie di primati é severamente minacciate, 25 specie sono in concreto pericolo di estinzione. Russell Mittermeier, ricercatore del gruppo dedicato ai primati nell´IUCN, spiega che i primati sono tra i vertebrati a maggior rischio, tre anni fa un terzo era considerato a rischio, percentuale che é salita alla citata metá. Di alcune specie esistono oramai solo pochi centinaia di individui, per esempio del lepilemure settentrionale (Lepilemur septentrionalis) del Madagascar e del gibbone trecciato nero (Nomascus nasutus) del Nordvietnam - del languro dell´isola di Cat Ba, Trachypithecus poliocephalus (Nordvietnam), vivono ancora appena 60 a 70 animali. Anche il gorilla di Cross-River (Gorilla gorilla diehli), una sottospecie di gorilla che vive al confine tra il Nigeria e il Camerun, rimangono meno di 300 esemplari.
I 6000 orang-utang sull´isola di Sumatra sono minacciati da lenti progressi e mancata tutela da parti delle enti governativi, poco é stato fatto per proteggerli da caccia e di limitare la distruzione del loro ecosistema. Tra i paesi con la maggiore pressione sugli animali per via della caccia indiscriminata si trovano il Vietnam e il Laos.

18.02.2010

Kids have 600 million years to play and learn evolution


Basta coi giochi che durano solo poche ore - ora potete giocare per 600 milioni di anni, incluse estinzioni di massa!
Charlie´s Playhouse



Scimpanzé bonobo generosi

Un altro muro artificiale che separa l’uomo dalle altre scimmie antropomorfe è caduto: la condivisione di cibo non è un comportamento altruistico solo negli esseri umani, anche gli scimpanzé nani o bonobo condividono volontariamente e senza alcuna aggressione, forse perfino aspettandosi in futuro una ricompensa per il buon gesto.

Brian Hare della Duke University (North Carolina) e la sua collega Suzy Kwetuenda, del Lola ya Bonobo Santuario (Congo) hanno esaminato il comportamento di individui non imparentati tra di loro e pubblicato il studio nella rivista “Current Biology” di marzo.
Hanno dato il cibo a uno dei bonobo che poteva decidere: o mangiare tutto subito, o usare un’apposita chiave per aprire la porta verso un’altra stanza in cui si trovava o un altro individuo di bonobo o che era vuota.
"Abbiamo scoperto che gli animali volontariamente preferivano aprire le porte, dietro le quali si trovava un altro animale" racconta Hare. "Potevano consumare il pasto molto gradito facilmente da soli, ma hanno condiviso con gli altri animali - in assenza di segni di aggressività e frustrazione." Anche la velocità e la frequenza con la quale gli animali dividono il cibo rimane durante l’ esperimento pressoché costante.

"Questo comportamento è particolarmente sorprendente perché in genere i bonobo gestiscono il cibo molto attentamente e cercano di evitare perdite."
Non è escluso che il comportamento al primo sguardo altruistico nasconda un intento, quello che il gesto di dividere il cibo venga ricambiato prima o poi da quel animale che ha approfittato del regalo.

BIBLIOGRAFIA:
WOBBER; WRANGHAM & HARE (2010): Bonobos Exhibit Delayed Development of Social Behavior and Cognition Relative to Chimpanzees. Current Biology, Vol. 20(3):226-230
BOESCH; BOLE; ECKHARDT & BOESCH (2010): Altruism in Forest Chimpanzees: The Case of Adoption. PLoS ONE 5(1): e8901. doi:10.1371/journal.pone.0008901


14.02.2010

I vertebrati fossili italiani - Catalogo Della Mostra

"L´opera "I vertebrati fossili italiani", curata da Lorenzo Sorbini e pubblicata nel 1980, é da tempo esauritissima; e gli studiosi da anni ne invocavano la riedizione. Si tratta, infatti, di un lavoro di grande rilievo nel campo degli studi paleontologici in Italia, una specie di "summa" delle cognizioni scientifiche in un campo nel quale Lorenzo Sorbini aveva acquisito autorevolezza da Maestro, tanto da far diventare il Museo di Storia Naturale di Verona, nel quale era Conservatore per la Geologia e del quale sarebbe diventato Direttore poco dopo, nel 1983, un punto di riferimento in Italia e non solo, per la sua disciplina. L´opera costituiva il catalogo di una memorabile mostra, dallo stesso titolo, da lui ideata e voluta e da me condivisa...
Fu realizzata con la collaborazione del personale del Museo e godette anche della disponibilità delle più importanti istituzioni italiane di Paleontologia (Musei ed Istituti universitari), che avevano consentito all´invio di pezzi importanti."

Vittorio Castagna Presidente dell´Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona.

Fig.1.

L´opera, dopo una breve introduzione alla tematica dei fossili, la loro genesi e il loro valore stratigrafico, presenta anche I metodi di scavo e di esposizione, ma la parte principale tratta I più importanti giacimenti (conosciuti a quei tempi) italiani in ordine cronologico. Ogni capitolo é dedicato a un periodo geologico, che viene introdotto con una carta geografica con una semplice ma informativa distribuzione delle litologie caratteristiche di quel periodo. Purtroppo su questa carta le località discusse nel testo non sono segnate singolarmente, ma solo con un simbolo generico, che rende difficile la veloce localizzazione dei siti.

Per il Permiano vengono presentati I siti a orme di tetrapodi Della Val Gardena, che hanno rivelato le impronte di anfibi, rettili e synapsidi.
Il Mesozoico in Italia é rappresentato sopratutto da giacimenti marini con vertebrati caratteristici di rettili adatti a una vita marina e pesci.

I primi mammiferi "veri" sono conosciuti dall´Eocene medio e inferiore della Sardegna. Dal bacino lignitifero di Gonnesa, situato nella parte sud-occidentale, sono stati recuperati resti di perissodattili.
Nel Nord-Italia il sito del Monte Duello (Verona) ha restituito fossili eocenici di dugongi e altri resti di mammiferi marini.
L´Oligocene é caratterizzato dalla formazione di bacini sedimentari locali in, con ricche faune di vertebrati terrestri, mentre il Miocene mostra di nuovo una netta dominanza delle faune marine, anche per motivi paleogeografici - in questo periodo ricadono importanti scoperte come Oreophitecus bambolii del Monte Bamboli (Maremma) e le faune endemiche del Gargano.

Il Pliocene e Pleistocene sono rappresentati da giacimenti ricchissimi in mammiferi, tra cui una ricca collezione di proboscidati e bovini. Notevole per il suo significato e la ricchezza del materiale fossile é il sito di "La Pineta" nei pressi di Isernia - un antico accampamento di uomini del Pleistocene medio.

Fig.2.

Fig.3.

Vengono inoltre presentate non solo le conosciute faune con tipici rappresentanti dell´era glaciale, come mammut lanoso, ma anche la microfauna di roditori, di cosi grande importanza biochronologica. Un capitolo a se meritatamente sono le isole italiane e la loro fauna endemica durante le oscillazioni climatiche e del livello marino.

Il catalogo é corredato con una ricca iconografia degli scheletri e fossili, in maggior parte a colore, di semplici sezioni e carte geologiche e alcune ricostruzioni del paleoambiente.

BIBLIOGRAFIA:
PARISI (ed.)(1980): I vertebrati fossili italiani - Catalogo Della Mostra. La Grafica, Vago (Verona)

BONFIGLIO, L. (2005): Paleontologia dei vertebrati in Italia – Evoluzione biologica, significato ambientale e paleogeografia. Museo di Storia Naturale - Verona.

New data on the taxonomy of the Myomiminae of Gargano

The late Miocene-Early Pliocene "Terre Rosse" vertebrate assemblages, found in the palaeokarst fissures fillings of the Apricena-Poggio Imperiale limestone quarries (North-Western side of the Gargano promontory, southern Italy), document a very long and complex history of endemic populations of a palaeoarchipelago. That history developed in at least four populating phases, which are characterised by changes in faunal diversity and include taxa with different degree of endemism.
They have been subject of several studies since the beginning of the 1970s and deserve a particular attention for their evolutionary and paleogeographical implications. The sampling of the "Terre Rosse" fissure fillings was carried on during successive field surveys from the Leiden Museum (1969-70) and from the Florence University (1980s). Until now, however, the two resulting collections have always been studied separately by different authors: this work is the first partial attempt to integrate the information derived from the two collections. A biochronological framework is proposed integrating the chronological succession of samples by Freudenthal in the scheme elaborated by De Giuli et al. However, some uncertainty remais in the details of the position of some fissures, in particular "Rinascita 1".

After the pioneering description of the gigantic dormouse Stertomys laticrestatus Daams & freudenthal 1985, the interest in the systematic of the Neogene Gargano glirids renewed just in the very last years.
Four species have been recently described: Stertomys daunius Freudenthal & martin-Suarez 2006, S. daamsi Freudenthal & Martin-Suarez 2006, Stertomys lyrifer Martin-Suarez & Freudenthal 2007, and Stertonys simplex Martin-Suarez & Freudenthal 2007.

In the present work the description of Stertomys from eleven further fissure fillings, documenting most of the whole succession of endemic population phases, is presented and discussed. The samples, for a total amount of 1696 dental elements, have been described by basic statistical parameter of measurements and frequency distribution of Daams´and Rinaldi´s morphotypes. Seven taxa have been identified: S. daunius, S. laticrestatus, S. aff. laticrestatus, S. ex gr. daamsi, S. degiulii nov. Sp., S. cf. degulii and S. aff. degulii.

The results of the analysis of the Stertomys species occurring in each fissure filling confirm the outline of the proposed biochronological framework and permit some improvement of the definition of the populating phases of the Gargano palaeoisland. Besides, they confirm the presence of some problems in arranging the details of the fissure succession of the oldest phase. Such uncertainties are possibly due to the frequent faunal exchanges among the islands of the palaeoerchipelago and with the mainland during the time documented by this earls phase. The results of the present contribution also suggest that an early radiation occurred in the palaeoarchipelago, producing at least five lineages. These lineages can be arranged in two main branchescharacterised by different size and morphology: large-sized Stertomys species, although closely related, cannot be considered as belonging to the same phyletic lineage. Among the small-sized taxa, S. daamsi and degiulii migth be arranged in a single phyletic lineage where a trend in reduction in size and an increase of the complexity of the pattern of connection amoung dental crests occur. S. simplex may be considered as a species with primitive morphology; very close to the ancestor of S. daamsi. Most of the evolutionary divergence is observed among the different lineages, while phyletic gradualistic changes are documented to a lesser extent.

Vengono presentati I risultati dell´analisi su reperti di Stertomys provenienti da undici fessure carsiche del Gargano selezionate in modo da essere rappresentative dell´intera successione delle fasi di popolamento endemico. L´analisi, di tipo morfo-dimensionale, é stata condotta sugli elementi dentari. Sono stati identificati sette taxa, S. daunius, S. laticrestatus, S. aff. laticrestatus, S. ex gr. daamsi, S. degiulii nov. sp., S. cf. degulii and S. aff. degulii, tra cui Stertomys degiulii viene descritto come nuova specie.
Da un punto di vista evolutiva le tre specie di taglia grande, benché correlate tra loro, non sembrano avere rapporti diretti di discendenza. Fra le specie di taglia piccola lo stesso si puó dire di S. daamsi e S. simplex. Per quanto riguarda S. daamsi e S. degiulii, invece, si puó ipotizzare una discendenza diretta. Lungo questa linea si nota un trend di diminuzione di taglia e una leggera complicazione del pattern dentale, sopratutto per quel che riguarda la connessione fra le creste.

Come riscontrato anche in altri taxa, le specie disperdono sull´isola giá diversificate e i cambiamenti riconducibili ad evoluzione filetica sono di minore entitá. Tale ricostruzione evidenzia quindi l´esistenza di minori cambiamenti gradualistici riconducibili ad evoluzione filetica, ma piú che altro é in accordo con le attese di un modello ed equilibri punteggiati, in cui la massima differenziazione avviene durante gli eventi cladogenetici.

BIBLIOGRAFIA:
RINALDI, P.M. & MASINI, F. (2009): New data on the taxonomy of the endemic Myomiminae (Gliridae, Rodentia) from the late Miocene-Early Pliocene of Gargano (southern Italy) with the description of the new species Stertomys degiulii. Bollettino della Societá Paleontologica Italiana 48(3): 189-233

13.02.2010

Creazionismo in libreria: Libri da non leggere

Nell´Italia le pubblicazioni serie sugli argomenti geologici e paleontologici, sopratutto nei riguardi della paleontologia dei vertebrati sono rari, mancano perlopiù libri di carattere generale che possono introdurre un pubblico amatoriale e interessato nella tematica. Ma invece di colmare questa lacuna con traduzioni di autori seri (cito solo BENTON, PROTHERO, ROSE come veloci esempi) vengono proposte le perle di ignoranza di famigerati creazionisti, che nemmeno nella loro patria nativa, la Germania, vengono presi sul serio:

Reinhard Junker & Siegfried Scherer (2007): Evoluzione. Un trattato critico. Certezza dei fatti e diversità delle interpretazioni. Piero Gribaudi Editore, Milano.

Hans-Joachim Zillmer (2008): Gli errori della storia della Terra. Il deserto Mediterraneo, la giungla del Sahara e il dominio dei dinosauri: la preistoria é stata ieri. Newton & Compton Editori

Ecco un breve riassunto e una meritata critica di queste opere da parte del Dr. Andrea Tintori da PaleoItalia n.21 - Dicembre 2009 (cliccate sull´immagine per un ingrandimento)

Fig.1.Fig.2.
Fig.3.

12.02.2010

Hey Charlie! The world is still looking at you...

A new species of bull from the Early Pleistocene

The origin of the genus Bos is a debated issue. It has traditionally been linked with that of the genera Leptobos and Bison, two Eurasian forms. The oldest record of Bos, B. primigenius, in Eurasia is at Venosa-Notarchirico, Italy ( 0.5 to 0.6 Ma). However, the oldest published evidence of modern Bos is a skull fragment from Asbole, Lower Awash Valley, Ethiopia ( 0.6 to 0.8 Ma). This paper describes a new species, Bos buiaensis, from Buia, Eritrea (1.0 Ma). B. buiaensis shows a combination of primitive characters of the African Late Pliocene and Early Pleistocene form Pelorovis sensu stricto and derived characters of B. primigenius. This new finding demonstrates that Bos has been part of the human ecological landscape since the beginning of the genus Homo in the African Late Pliocene.

Viene riportato la scoperta dall’Eritrea di resti fossili datati a 1 milioni anni di una nuova specie di bovide, Bos buiaensis. La specie descritta ha caratteristiche intermedie tra bovidi più antichi e quelli moderni, che la rendono essenzialmente un anello mancante tra i più moderni rappresentanti del gruppo che si trovano in Eurasia, e gli antenati delle razze di bestiame africane.

Fig.1. Il cranio ricostruito della nuova specie Bos buiaensis insieme ai ricercatori Martinez-Navarro Bienvenido (a sinistra) e Francesco Landucci (Fonte immagine).


BIBLIOGRAFIA:

NAVARRO et al. (2010): A new species of bull from the Early Pleistocene paleoanthropological site of Buia (Eritrea): Parallelism on the dispersal of the genus Bos and the Acheulian culture. Quaternary International Vol.212(2): 169-175

11.02.2010

Hoplitomeryx

Il record italiano di mammiferi terrestri è relativamente scarso durante il Miocene inferiore e medio, solo dal Miocene superiore in poi i resti abbondano. Giacimenti pre-Messiniani documentano l'esistenza di almeno tre bioprovince distinti sul territorio dell’arcipelago italiano. Due di queste sono caratterizzati da faune con caratteristiche endemiche, denominati secondo la posizione moderna la bioprovincia Abruzzo - Pugliese e Tosco-Sarda. La terza, la Calabria - Siciliana, mostra perlopiù mammiferi di distribuzione generale con elementi che testimoniano la connessione con il Nord Africa.
Durante il Miocene e Pliocene inferiore variazioni del livello marino trasformano l'area della penisola italiana per determinati periodi in un arcipelago di isole di varie dimensioni e con un clima tropicale - un parco giochi ideale per l'evoluzione.

Fig.2. L´arcipelago italiano nel Miocene-Pliocene con le località discusse.

Una di queste isole perdute è rappresentata oggigiorno dalla zona del Gargano, sulla costa orientale della Puglia. Praticamente tutti i mammiferi fossili conosciuti dai giacimenti del Gargano mostrano caratteristiche morfologiche per effetto dell’insularità. Questo assemblaggio è chiamato fauna a Mikrotia, dopo un genere endemico di muride fossile.
Una delle più straordinarie scoperte nei pressi di Foggia attribuite a questa fauna è rappresentato da un piccolo artiodattilo del genere Hoplitomeryx (LEINDERS 1984).
I primi fossili di Hoplitomeryx sono stati trovati alla fine degli anni Sessanta in limi e argille rosse, per niente o solo grossolanamente stratificate, denominate terra rossa, che in parte riempiono le fessure carsiche del substrato calcareo.

Fig.3. Molare di Hoplitomeryx.

L'età esatta di questi giacimenti è incerta, la correlazione stratigrafica e la cronologia dei mammiferi lascia supporre un intervallo temporale tra il Miocene superiore e il Pliocene inferiore, con le preferenze da vari autori per il Pliocene (VAN DER GEER 2007).
Hoplitomeryx ricorda solo nella sua morfologia per certi tratti il cervo di Muntjac, un rappresentante basale della famiglia dei cervi, ma possiede cinque corna (- non palchi!) un paio sopra ogni orbita e un corno nasale – e dei canini superiori prominenti.
Una combinazione unica di dettagli anatomicamente diagnostici, con ulteriore specializzazione nella struttura degli arti.
La sistematica di Hoplitomeryx è incerta, al momento solo una specie è stata descritta, Hoplitomeryx matthei (Leinders 1984) con la famiglia propria Hoplitomerycidae.
Il materiale fossile del Gargano pero mostra quattro a cinque classi di animali con dimensioni distinte (con stimati 5 a circa 50kg di massa corporea), che forse rappresentano singole specie (VAN DER GEER 2007).
Il problema se il materiale fossile rappresenta diverse specie si basa sul problema della datazione. I sedimenti che contengono i fossili non sono datati e non mostrano stratificazione, i resti stessi non mostrano una variazione relativa nelle differenti dimensioni, non è possibile dunque chiarire se queste classi sono un artefatto della colonna stratigrafica, una sequenza temporale di diverse specie, varie specie coesistenti nello stesso periodo o una semplice variazione nella specie.

TORRE et al. 2005 hanno postulato una relazione di Hoplitomeryx con ungulati primitivi della famiglia Choeropotamidae e Dacrytheridae, conosciuti dall’Eocene della Francia e imparentati a loro volta più strettamente con i suini. La colonizzazione della penisola italiana è avvenuta secondo questa teoria nel corso del Miocene, concludendosi nel Pliocene con gli ultimi rappresentanti di questo gruppo dispersi sulle isole del Mediterraneo.
Secondo VAN DER GEER anche una relazione con gli antenati della moderna antilocapra nordamericana (Antilocapridae) potrebbe essere plausibile.

Fino agli anni Novanta il genere era considerato un elemento endemico dell'isola del Gargano, ma nel 1990 in un deposito del Miocene con una ricca raccolta di vertebrati fossili (tra cui sette specie di mammiferi) sul crinale orientale del Monte Civita (Scontrone, Abruzzo) sono stati scoperti ulteriori fossili con i riferimenti a Hoplitomeryx.
Trovati incapsulato in una breccia di calcare giallo, i fossili si sono depositati circa 12 milioni di anni fa. Questo forse significa che esistevano connessioni, anche solo di carattere temporaneo, tra le varie isole e penisole italiane.

Durante il Messiniano (7Ma) i taxa che rappresentano la bioprovincia toscana scompaiono e vengono sostituiti da una fauna continentale con chiare affinità europee (BONFIGLIO 2005). Questo periodo geologico è caratterizzato da un calo pronunciato del livello del Mediterraneo, provocando la deposizione di evaporiti con un spessore che puo raggiungere i migliaia di metri.
Durante questa fase le isole si ricollegano con il continente Europeo, e si verifica una migrazione di mammiferi continentali che rimpiazzano le specie endemiche locali.
Solo in resti rappresentanti della provincia pugliese sopravvivono fino al Pliocene. Ma con la formazione di una connessione tra la penisola italiana e l’isola del Gargano, per causa della tettonica che fa risalire il promontorio del Gargano, anche l'ultimo Hoplitomeryx si è estinto.

BIBLIOGRAFIA:
Fig.1. Ricotruzione di
Hoplitomeryx tratta da AGUSTI, J. & ANTON, M. (2002): Mammoths, Sabertooths, and Hominids - 65 Million Years of Mammalian Evolution in Europe. Columbia University Press.

BONFIGLIO, L. (2005): Paleontologia dei vertebrati in Italia – Evoluzione biologica, significato ambientale e paleogeografia. Museo di Storia Naturale - Verona.

VAN DER GEER, A. (2007): The effect of insularity on the Eastern Mediterranean early cervoid Hoplitomeryx. The study of the forelimb. Quaternary International 182(1):145-159

08.02.2010

La tafonomia di fessure e caverne

La maggior parte di ampie cavità si generano in litologie solubili al contatto con l’acqua, come formazioni carbonatiche o evaporitiche. Queste fessure o caverne sono in grado di "raccogliere" animali durante un certo intervallo di tempo semplicemente per la caduta degli animali in essi, o intrappolamento all'interno. In questo ambiente altrimenti inaccessibili le ossa sono anche protetti da spazzini o dalle intemperie del tempo. Accumulazione di ossa nelle grotte erano conosciute fin dall'antichità, per esempio marinai greci raccontano, che avrebbero scoperte le ossa dei Ciclopi nelle grotte dell'isola di Sicilia. Alcuni secoli più tardi, il gesuita tedesco Athanasius Kircher visitò e studiò queste ossa, e nel 1678 pubblico una relazione dettagliata, il “Mundus subterraneus”, annunciando che i resti rappresentavano almeno quattro tipi diversi (e con diverse dimensioni ) di giganti preistorici. Solo secoli più tardi i fossili furono riconosciuti ad appartenere a elefanti del Pleistocene.

Fino al 1970 gli accumuli di ossa sono stati in gran parte attribuiti alle attività umane, anche se le osservazioni precedenti dimostravano come carnivori erano in grado di raccogliere le ossa e di processarle in modo analogo a quello umano.


Fig.1. Caverna con breccie ossifere in una stampa del 1849.

"Ho avuto l'opportunità di vedere una iena del Capo a Oxford ... sono stato anche in grado di osservare le modalità di distruzione delle ossa: lo stinco di un bue presentato a questa iena, ha cominciato a mordere via con i molari grossi frammenti dall’estremità superiore, e li inghiottì velocemente a pari della loro frammentazione. Al raggiungere della cavità midollare, l’osso si spacco in frammenti angolari ... continuava a spaccarli finché aveva estratto tutto il midollo ... Ciò fatto, ha lasciato intatto il condilo inferiore, che non contiene midollo, ed è molto duro. Lo stato e la forma dei frammenti residui sono proprio come quelli a Kirkdale; i segni dei denti su di essi sono molto pochi ... queste pochi, tuttavia, sono del tutto simile alle impressioni che troviamo sulle ossa di Kirkdale; le schegge piccole anche in forma e dimensioni, e nel modo di frattura, non sono distinguibili da quelle fossili ... non c'è assolutamente nessuna differenza tra di loro, tranne nel punto di età." BUCKLAND 1823

Un sito importante per la ricchezza di resti, e che combina i processi sopra descritti, è rappresentato da Pirro Nord, situato in una cava al margine nord-occidentale del promontorio del Gargano, vicino al villaggio di Apricena, nella Puglia. Qui nei sedimenti che riempiono una vasta rete carsica, sono stati scoperti ossa e scheletri di una grande varietà di mammiferi e altri vertebrati (anfibi, uccelli e rettili), che vengono datati dal Miocene fino al Pleistocene. L'accumulo di grandi mammiferi è dovuto in parte alla caduta o intrappolamento dei animali all'interno delle cavità più ampie (una serie di scheletri articolati è indicativa di accumulo senza trasporto), ma anche dal successivo trasporto fluviale delle carcasse all'interno della rete carsica. L'abbondanza di ossa e di coproliti di iena Pachycrocuta brevirostris, così come la presenza di numerosi segni di morsi sulle ossa fossili, suggerisce che questa specie ha svolto un ruolo importante nell’accumulo locale delle ossa.

Fig.2. Cava Dell´Erba, si riconosce le fessure riempite di argille rosse.

Fig.3. Fessura con riempimento di argille, dette terra rossa.

Fig.4. Ossa di micromammiferi.

BIBLIOGRAFIA:
BUCKLAND (1823): Reliquiae Diluvianae, or, Observations on the Organic Remains attesting the Action of a Universal Deluge.

Pleistocene Local Faunas Assemblages of Calabria

In this paper, current knowledge about Pleistocene mammals of Calabria has been updated, critically discussed, and conformed to the biochronological framework of Italy. Since the palaeogeography obviously influenced the mammalian distribution, Pleistocene maps hav been included and discussed. In Calabria, the Pleistocene fossil record of mammals is discontinuous in time and space. 15 Local Faunal Assemblages (LFA) have been selected and located in the biochronological chart of Italy. The most representative LFAs of Calabria, attributed to the Late Pleistocene, seem to be impoverished if compared to those of the rest of Italy. They are made by ubiquitous species of warm-temperate climate. The possible insular phase of Southern Calabria at the beginning of Late Pleistocene (MIS5) is discussed and rejected on the basis of the paleogeographical reconstruction and the absence of well documented endemic mammals. the role of Calabria as a dispersal way to Sicily has a consistent relevance in the discussion about evolutionary patterns in island environment. It seems that Calabria acted as a first filter to faunal spreading to Sicily and that the Strait of Messina was a weak sea-barrier in the late Middle Pleistocene and Late Pleistocene.

Fig.1. Geographic location of the studied sites (from MARRA 2009).

Fig.2. Pleistocene Local Faunas Assemblages of Calabria correlated to the standard mammal biochronology of Italy (from Marra 2009).

References:
MARRA, C.A. (2009): Pleistocene mammal faunas of Calabria (Southern Italy): biochronology and paleobiogeography. Bollettino della Societá Paleontologica Italiana, 48(2): 113-122

06.02.2010

Il naturalista dimenticato e il suo continente sprofondato nel mare

"Più ci pensavo, più cresceva la mia convinzione che avevo finalmente trovato la legge a lungo cercata della natura, che risponde alla questione dell´origine delle specie."
Alfred Russel Wallace (1905)

Nel 1858 la piccola isola di Gilolo (oggi conosciuta come Halmahera), situata nell'arcipelago delle Molucche, era una delle regioni più remote sul globo terrestre. Una lettera consegnata il 9. Marzo 1858 nella stazione postale più vicina - sull'isola di Ternate, doveva prima essere spedito a Singapore. Da lì una nave mercantile della “British P & O Steamship Company”, che collega Hong Kong a Suez, la trasportava fino al continente africano. Dopo proseguimento sulla terra fermo fino a Alessandria d'Egitto, la lettera passava per il Mediterraneo fino a Parigi e Rotterdam, per arrivare a Londra.
Così, dopo tre mesi, la lettera è arrivata puntualmente la mattina presto all’indirizzo di Down House, nella cittadina di Bromley nel Kent, a 26 chilometri sud-est di Londra e a 12,000 chilometri est della Nuova Guinea. Questa lettera conteneva un articolo di 20 pagine, con seguente titolo: “On the Tendency of Varieties to Depart Indefinitely from the Original Type” - che presentava i primi concetti che forse potevano spiegare la ricca biodiversità, la distribuzione geografica e la presenza di attuali e estinte specie imparentate tra di loro nell’Indonesia, basandosi su un primo abbozzo che l’autore della lettera aveva pubblicato nel 1855. L'autore della lettera rivolta al gentiluomo naturalista C. Darwin era un certo Alfred Russel Wallace, un autodidatta in scienze naturali nato in una povera famiglia il’8. Gennaio 1823 nella città gallese di Usk.

Fig.2. A.R. Wallace durante il suo viaggio di ritorno in Singapore nel 1862, da J. G. Wilson (2000): The forgotten Naturalist. In search of Alfred Russel Wallace.

Aveva lavorato prima come un geometra, e poi come insegnante, durante questi periodi sviluppo una passione per la botanica e le scienze naturali. Il desiderio di cimentarsi in queste discipline divenne cosi forte, che iniziò a organizzare una spedizione per il Sud America. Parti nel 1848, e solo nel 1852, dopo quattro anni dedicati alla raccolta di una varietà incredibile di specie animali e vegetali, decise di tornare in Inghilterra. La sua ricca collezione e gli appunti li avrebbero sicuramente fruttato molte pubblicazioni e il rispetto dei naturalisti inglesi. Ma poi la catastrofe, la nave sulla quale stava viaggiando, il mercantile “Helen”, si incendio e affondo nel Nord Atlantico. Wallace riuscì a salvare solo alcuni disegni. Quando finalmente arrivò in Inghilterra, l’1. Ottobre 1852, egli aveva praticamente perso tutto - la sua collezione, il suo reddito (si guadagnava da vivere vendendo campioni raccolti ai musei e collezionisti) e la sua speranza di ottenere notorietà dalle prestigiose istituzioni scientifiche nella Gran Bretagna. Solo la somma pagata dall’assicurazione per la sua collezione lo salvò dalla rovina finanziaria. Ma senza i suoi campioni e dei dati era in grado di pubblicare solo un riassunto sul suo viaggio, una narrazione di viaggi sul Rio delle Amazzoni e del Rio Negro, un libro, poco considerato al suo tempo. In un primo momento giuro di non viaggiare più su una nave, pero solo un anno dopo, la vecchia passione era ricresciuta tanto forte, si imbarco su una nave diretta verso l’Indonesia, a quei tempi una delle regioni meno note ai naturalisti europei. Il 20. Aprile 1854 sbarco a Singapore. Rimane in Indonesia per 8 anni, viaggiando in questo tempo per oltre 22.000 chilometri.

Fig.3. Il tragitto di Wallace tra il 1854-1862 con aggiunto le linee biogeografiche secondo vari autori.

La sua raccolta dopo il ritorno in Inghilterra conterà più di 125.660 esemplari di animali, e avrà scoperto 1.500 nuove specie di insetti e uccelli. Questa seconda spedizione sarà pubblicato nel 1969 nel libro “The Malay Archipelago”, e stabilirà Wallace come fondatore
della disciplina scientifica della biogeografia. Ironia della sorte che è stata la sfortuna che gli ha dato la possibilità di un’importante scoperta. 31. Gennaio 1856, Wallace ha perso la nave che doveva portarlo verso Sulawesi. Per 4 mesi rimane a aspettare in Singapore, fino a quando decide di fare una deviazione passando per le isole di Bali e Lombok. Su queste due isole nota qualcosa di importante, anche se le due isole sono separate solo da un tratto di mare ampio 30 chilometri, le specie di animali sulle due isole variano notevolmente, su un lato dominano tigri, rinoceronti e primati, sull’ altro lato invece canguri , koala e uccelli del paradiso. Egli descrive queste due distinte regioni di fauna nel suo saggio “On the Zoological Geography of the Malay Archipelago” (1859), e separa dal punto faunistico la regione occidentale dell’Indonesia da quella orientale. Nota che queste provincie faunistiche si distinguono molto di più l’una dall’altra nei loro uccelli e animali quadrupedi, che per esempio l'Inghilterra e il Giappone, isole che hanno in comune almeno alcune specie eurasiatica.

Fig.4. Le regioni proposte per l´Indonesia da Wallace.

Anche se Wallace non può ancora conoscere la tettonica regionale dell’Indonesia, né l’amplitudine delle passate variazioni del livello del mare, deduce correttamente che i fatti osservati possono essere spiegati solo da grandi cambiamenti della superficie terrestre.
La spiegazione proposta da Wallace troverà conferma solo più tardi. Durante l'era glaciale grandi quantità di acqua erano intrappolate nelle calotte polari sotto forma di ghiaccio. Il livello del mare per questo durante l'espansione massima del ghiaccio era fino a 180m inferiore rispetto ad oggi. Questo abbassamento “scopriva” lo zoccolo continentale tra l’Indonesia orientale e il continente asiatico, e tra l’Indonesia occidentale e il continente australiano, creando la terra di Sunda, che collegava Borneo, Sumatra, Giava e Bali con l'Asia, e la terra di Sahul, che collegava la Nuova Guinea con l'Australia. Solo isole o zone circondate da profondo mare rimangono isolate, come per esempio le isole di Celebes, Timor e Flores. La barriera naturale in forma di stretti, ma profondi tratti di mare viene chiamata nel 1868 dal naturalista Huxley “Linea di Wallace”, e la regione, che non viene mai raggiunta da grandi quadrupedi sia dall’Asia o dall’Australia, viene definita oggigiorno come "Wallacea".

Darwin da parte sua si mette dal 20. luglio in poi al lavoro per scrivere, come lo vede lui, un riassunto della sua teoria della selezione naturale, che viene pubblicata il 24. novembre 1859 sotto il titolo "On the origin of species by means of natural selection, or the preservation of favoured races in the struggle for life".
È importante notare che uno dei meccanismi principali della sua teoria, la divergenza dei caratteri negli organismi, é stata inserita nei suoi scritti proprio tra maggio e giugno 1858. Darwin ha copiato in parte da Wallace? Una teoria controversa tra gli studiosi e biografi di Darwin, ma senza ragionevole dubbio Darwin aveva abbastanza dati da se per dedurre il meccanismo dell´evoluzione, solo che li serviva l´ultima spinta per finalmente pubblicare la teoria in formato cartaceo.
Inoltre Darwin era in una posizione privilegiata in confronto a Wallace, era un gentiluomo della classe superiore britannica, aveva amici influenti, molto probabilmente Wallace da solo non avrebbe potuto promuovere la nuova teoria contro le opinioni della scienza e società di quei tempi.
Questo non toglie che Wallace - spesso dimenticato ai tempi nostri- insieme a Darwin deve essere considerato uno dei pionieri del fatto dell’evoluzione, su cui si basano la moderna paleontologia e biologia.

BIBLIOGRAFIA:
Fig.1. e Fig.4 prese da WALLACE, A.R. (1876): Distribution of animals. Vol.1. Harper & Brothers Publishers. New York