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07.09.2011

L´ultimo tilacino

 Riassunto dell´articolo originale pubblicato su Scientific American
" September 7, 1936: The last Thylacine"

Il 7 settembre del 1936 muore nello zoo di Hobart l´ultimo esemplare accertato di tilacino (Thylacinus cynocephalus), grande predatore marsupiale endemico dell´isola di Tasmania. Leggende metropolitane gli attribuiscono il nome di Benjamin (non esiste nessun documento scritto che confermi una denominazione dell´animale, neanche il sesso è accertato) e che mori di depressione. Cinquanta anni dopo la specie fu ufficialmente dichiarata estinta e il 7 settembre è tuttora ricordato in Australia come "National Threatened Species Day".
Le cause principali dell´estinzione del tilacino sono moltipliche: una popolazione isolata e di numero limitato, la caccia, la distruzione dell'habitat naturale e concorrenza con altri predatori sull´isola.

Fig.1. Una fotografia del 1921 mostra il tilacino come predatore feroce e abituale di pecore e polli, in verità questo suo ruolo è disputabile.  Cronache del tempo da parte di naturalisti parlano del tilacino come un predatore (al massimo) occasionale. Una ricerca pubblicata di recente conferma che l´animale si era evoluto per cacciare prede più piccole della sua mole. Sta di fatto che l´ultimo esemplare ucciso nel maggio 1930 fu ucciso in un pollaio.

L´estinzione é rapida: Nel 1888 il governo locale promette una ricompensa di 1£ per ogni adulto abbattuto. All´inizio del XX secolo gli esemplari uccisi e le ricompense pagate diminuiscono nel corso di pochi anni, probabile segno che la popolazione stava collassando.

Fig.2. Ricompense per tilacini abbattuti pagate dal 1888 al 1912, dati tratti da GUILER 1985.

Nel 2008 il tilacino è ritornato - almeno in parte: DNA estratto da tessuti conservati in musei è stato introdotto in cellule di topo. Nell´embrione che si è sviluppato alcuni geni responsabili per il tessuto delle ossa si sono effettivamente attivati. 
Comunque voci ottimistiche e sensazionali che parlavano di una resuscitazione di un esemplare clonato di tilacino entro il 2010 sono state smentite dal tempo e le difficoltà tecnologiche -   il progetto è stato abbandonato.

Bibliografia:

GUILER, E.R. (1985): Thylacine: The Tragedy of the Tasmanian Tiger, Melbourne. Oxford University Press: 23-29
OLSEN, P. (2010): Upside Down World: Early European Impressions of Australia's Curious Animals. National Library of Australia: 240
OWEN, D. (2003): Thylacine - The tragic tale of the Tasmanian Tiger. Allen & Unwin: 228

01.09.2011

Giustizia tardiva per il Tilacino

"Alcuni dei pastori affermano che uno di questi animali uccide centinaia di pecore in un tempo molto breve, ed esistono …[]… notizie che uomini sono stati attaccati da loro ... []"
Gerard Krefft, 1871.

"Il tilacino uccide le pecore, ma limita il suo attacco a una alla volta, ed è quindi in nessun modo distruttivo come un gruppo di cani domestici diventati selvatici o come il Dingo dell'Australia, che causano distruzione in una singola notte. Alte ricompense sono state tuttavia sempre date ai proprietari di pecore per la loro uccisione e dato che oggigiorno ogni pezzo di terra è occupato, è probabile che in alcuni anni quest'animale, talmente interessante per lo zoologo, si estinguerà; e ora estremamente raro, anche nei luoghi più remoti  e meno frequentati dell´isola."
John West, 1850.

Fig.1. Il Tilacino, in una raffigurazione da parte di Joseph Matias Wolf del 1861

Il Tilacino (Thylacinus cynocephalus) era conosciuto durante il XIX secolo sotto vari nomi ai coloni dell´isola di Tasmania: lupo marsupiale, lupo-zebra, iena-opossum, tigre-bulldog, tigre marsupiale, pantera o Dingo della Tasmania - nomi che enfatizzano che l´animale era considerato un pericoloso predatore - soprattutto di pecore, animali importati che costituivano la base dell´economia dell´isola.
Il primo tilacino avvistato dai esploratori europei fu descritto nel 1792 da un marinaio come un "grande cane, di colore bianco e nero e apparenza di bestia feroce". Il primo esemplare ucciso risale a marzo 1805. Ritenuto animale nocivo e pericoloso, fu cacciato senza tregua fino alla seconda meta del XIX / inizo XX secolo, quando i numeri degli animali abbattuti e le taglie pagate diminuirono notevolmente, indicando che la popolazione stava collassando. L´ultimo esemplare confermato morirà il 7 settembre del 1936 nello zoo di Hobart.

Una nuova ricerca (ATTARD et al. 2011) sembra confermare le - al tempo inutili - avvertenze di West che il Tilacino non era un predatore abituale di pecore. La mandibola del muso allungato si poteva aprire con un angolo massimo di 120 gradi - impressionante - ma la struttura era inadatta e troppo debole per attaccare grandi prede. Basandosi su modelli di biomeccanica i ricercatori hanno simulato le forze esercitate sul cranio di Tilacino durante i movimenti di predazione e masticazione. Secondo i risultati ottenuti il Tilacino con il suo cranio allungato e fragile si era adattato per catturare prede piccole e veloci, come specie di opossum o piccole specie di canguro (di cui resti furono ritrovati nel primo esemplare ucciso).

La ricerca potrebbe anche spiegare l´estinzione "improvvisa" del Tilacino nella seconda meta del XIX secolo. Il Tilacino era specie già rara quando la Tasmania fu colonizzata all´inizio del secolo (alcune stime parlano di una populazione di 5.000 individui), la caccia indiscriminata impattó ulteriormente su di una popolazione già ridotta. Il crollo netto nei numeri degli esemplari uccisi (almeno 2.000) nella seconda meta del XIX secolo fu imputato in parte a un'epidemia che colpiva gli animali superstiti, fortemente indeboliti nel loro sistema immunitario da una diminuzione drastica della loro variabilità genetica.

Sulla base dei nuovi risultati e la dieta specializzata del Tilacino si può ipotizzare che anche senza caccia la distruzione dell'habitat e la conseguente diminuzione dell´areale della specie erano sufficienti per portare questo animale all´orlo dell´estinzione. Incapace di adattarsi a nuove prede, in forte concorrenza con altri grandi predatori, come il Diavolo della Tasmania, con una popolazione debole, il Tilacino si estinse nell´arco di pochi decenni, anche se alcuni criptozoologi non vogliono far morire la speranza.


Bibliografia:

07.07.2010

La tigre dai denti a sciabola: Il predatore perfetto si riconosce dalle sue ossa

Fig.1. Una rappresentazione di Smilodon del 1903, esempio del lavoro pionieristico di Charles R. Knight, figura da CHORLTON 1985.

Pochi predatori estinti sono noti al grande pubblicò come la tigre dai denti a sciabola, che viene ritenuta per le sue spettacolari zanne come perfetto esempio di mammifero predatore.
Ma lo studio della struttura e la forma delle zanne ha rivelato che possiedono una sezione ovale, è per questo, a differenza dei felini odierni, sono inadeguato a sopportare le forze di una preda che lotta per liberarsi dal morso del predatore (McHENRY et al. 2007). Secondo questo modello, per evitare una frattura dei canini, era necessario per questi predatori di gestire e immobilizzare la preda il più efficacemente possibile.

Confrontando radiografie della tigre dai denti a sciabola, Smilodon fatalis, del leone americano, Panthera atrox, e di 28 specie di felini moderni, una ricerca pubblicata di recente (MEACHEN-SAMUELS et al. 2010) ha osservato effettivamente che gli omeri degli arti anteriori di S. fatalis erano molto più spessi in relazione alla loro lunghezza, e la corteccia ossea esterna era più sviluppata in confronto a tutti gli altri felini studiati.

Sulla base di queste osservazioni, la ricerca deduce che Smilodon era un predatore potente che differisce dai felini esistenti nella sua maggiore capacità di sottomettere la preda usando gli arti anteriori. Questo sviluppo e la risultante forza maggiore degli arti anteriori faceva parte di un complesso adattamento guidata dalla necessità di minimizzare la durata e l’ entità della lotta per sopraffare la preda, al fine di proteggere gli allungati canini e di posizionare accuratamente il finale morso letale.


Bibliografia:

CHORLTON, W. (ed) (1985): Ice Ages (Planet Earth). Time-Life Books: 176
MEACHEN-SAMUELS, J.A. & VALKENBURGH, B. van (2010): Radiographs Reveal Exceptional Forelimb Strength in the Sabertooth Cat, Smilodon fatalis. PLOS One 5(7): e11412. doi:10.1371/journal.pone.0011412
McHENRY, C.R.; WROE, S.; CLAUSEN, P.D:; MORENO, K. & CUNNINGHAM, E. (2007): Supermodeled sabercat, predatory behavior in Smilodon fatalis revealed by high-resolution 3D computer simulation. PNAS Vol. 104(41): 16010-16015

03.03.2010

Svelata l´origine dell´orso polare

I ricercatori hanno scoperto grazie all’analisi genetica dei resti fossili di orsi polari che il più grande carnivoro terrestre è una specie relativamente giovane, da circa 150.000 anni formano una linea evolutiva separata dal prossimo parente moderno – l’orso bruno. La ricerca condotta da Charlotte Lindqvist presso l'Università di Buffalo (stato di New York) insieme ai suoi collaboratori è stata pubblicata sulla rivista "Proceedings of the National Academy of Sciences".

Circa l'evoluzione dell’orso polare finora poco era conosciuto, anche perché le possibilità di fossilizzazione nell’Artico sono scarse, carcasse si depositano o sul fondale marino o vengono presto riciclati dagli animali spazzini.
Nel 2004 però un geologo islandese ha avuto un colpo di fortuna: sull'isola norvegese di Spitsbergen, nel bel mezzo del Mare Glaciale Artico, sono stati scoperti in sedimenti della montagna di Poolepynten, datati a 110.000 a 130.000 di anni, una mascella e denti di un orso polare. Un ulteriore conferma per l’età della specie, a parte i sedimenti e i resti fossili stessi, viene dall’analisi del DNA mitocondriale, cha ha fornito un’età di 150.000 anni. I fossili ora analizzati rappresentano anche il più antico materiale studiato in questo modo.

Inoltre per confrontare i risultati delle analisi genetiche effettuate, e ricostruire un albero genealogico, è stato sequenziato il genoma di orsi polari e bruni moderni del Nord America. I risultati mostrano che i parenti più stretti degli orsi polari sono gli orsi bruni nelle isole di Admiralty, Baranof e Chichagof nel sud-est dell'Alaska.

Secondo Lindqvist "Gli orsi polari si sono evoluti in un breve lasso di tempo attraverso l'adattamento a un riscaldamento del clima 150.000 anni fa, e Svalbard è servito come rifugio per la loro sopravvivenza.
Con l’aumento delle temperature all’inizio di una fase di riscaldamento, hanno gradualmente conquistato nuovi habitat e si sono adattati a nuovi fonti di cibo – in questo modo sono stati in grado di sfuggire alla pressione e concorrenza da parte di altre specie."

BIBLIOGRAFIA:
LINDQVIST et al. (2010): Complete mitochondrial genome of a Pleistocene jawbone unveils the origin of polar bear. Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America.

20.02.2010

Pachycrocuta

In Italia, l’inizio dell’età a mammiferi Villafranchiano (3,2-1,1Ma) vede un profondo rinnovamento faunistico, che segna la transizione tra faune plioceniche arcaiche, adattate a un ambiente caldo-umido subtropicale, a faune a carattere più moderno, adattate a condizioni climatiche più fresche e meno umide. In Italia giungono nuove specie sia di carnivori sia di erbivori, e si diffondono alcune forme adattate a spazi aperti. Fra i carnivori fanno la loro comparsa la iena cacciatrice Chasmaportetes lunensis, una delle prime specie di iene in Europa, ma ancora scarsamente adattata alla triturazione delle ossa.

Fig.1. Iena maculata (Crocuta crocuta) da GEIKIE 1914

Nel quadro generale si assume che le iene si sono estinte sul continente europeo alla fine dell´ultima glaciazione, anche se non esiste una chronologia del declino assoluta sull´intero territorio. Durante il Pleistocene superiore in Europa vivevano due specie di iene, Hyaena hyena, la ieana striata, e Crocuta crocuta, l´iena maculata.
In depositi della Spagna al termine del Pleistocene i ritrovamenti di queste specie divengono rari, mentre in quelli italiani mancano completamente. C. crocuta é documentata qui dal medio al Pleistocene superiore, uno dei più giovani siti é la caverna di San Teodoro in Sicilia, ultima bastione di questi animali sul continente con la subspecie C.crocuta subsp. spelaea, Goldfuss 1832.


Fig.2. Pachycrocuta brevirostris da TURNER & ANTON 1996, scala = 20cm.

Il primo fossile di Pachycrocuta descritto e rappresentato da Boule (1893) é un cranio del Pleistocene inferiore dal sito di Sainzelles nella Auvergne (Francia). Da allora resti di questa specie sono stati ritrovati sull´intero continente europeo fino alla regione del Mar Nero e attraverso l´Asia centrale fino in China.
Di eta maggiore (3-1,5Ma) sono i fossili dell´Africa. Il più antico resto occorre negli depositi della caverne di Makapansgat nella provincia del Transvaal. Mentre la specie si estingue sul continente africano circa un milione e mezzo di anni fa, il più antico sito europeo é quello del Pleistocene inferiore (1,6Ma) dei depositi di Olivola in Italia, da li in poi é rappresentata in molti siti europei, fino alle ultime apparizioni in siti del Pleistocene medio nella Germania (Süssenborn).


Caratteristica prominente é la mole del animale, comparabile a un leone recente, anche se questa considerazione é basata sopratutto su resti di cranio, mandibole e denti - resti dello scheletro postcraniale sono rari e frammentari.


Fig.3. Mandibola di Pachycrocuta. Le iene usano i premolari con le punte tozze per spaccare ossa. Meccanicamente sarebbe favorevole usare l´ultimo dente - il molare, vicino al punto di rotazione, ma questo ha già un altra funzione, come "forbice" per tagliare carne (da ANTON & TURNER 1997).

BIBLIOGRAFIA:
GEIKIE, J. (1914): The antiquity of man in Europe. Oliver & Boyd. Edinburgh
TURNER, A.& ANTON, M. (1996): The giant hyaena, Pachycrocuta brevirostris (Mammalia, Carnivora, Hyaenidae). GEOBIOS, 29(4): 455-468
ANTON, M. & TURNER, A. (1997): The big cats and their fossil relatives.Columbia University Press
YLL, R..; CARRION, J.S.; MARRA, A.C. & BONFIGLIO, L. (2006): Vegetation reconstruction on the basis of pollen in Late Pleistocene hyena coprolites from Teodoro Cave (Sicily, Italy). Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology 237: 32-39

09.01.2010

Mangiatori di uomini dello Tsavo

La storia ha ispirato tre film - l´ultima pellicola risale al 1996 con il titolo "The Ghost and the Darkness". Nel 1898 due leoni fecero strage degli operai impegnati nella costruzione di una linea ferroviaria nei pressi del fiume Tsavo nel Kenya, finche l´ufficiale inglese John Henry Patterson riuscì ad abbatterli. Leggenda vuole che le vittime fossero 135, mentre l´agenzia delle ferrovie contava 28. Ricercatori ora hanno esaminato la cartilagine dalle ossa e cheratina dai peli dei due leoni imbalsamati e esposti nel Natural History Museum of Chicago. Tramite la relazione degli isotopi di carbone e azoto la dieta di un animale può essere determinata con un´alta precisione. Secondo i risultati ottenuti, a uno dei leoni le vittime da attribuire sono 24, per il secondo 11 - con un totale di 35, screditando la leggenda sanguinaria.

Fig.1. Immagine di Patterson con il primo leone ucciso, da PATTERSON, J.H. (1907) :The Man Eating Lions of Tsavo. Field Museum press.

Bibliografia:

YEAKEL et al. (2009): Cooperation and individuality among man-eating lions. Proc Natl Acad Sci 106(45)

28.12.2009

Fossile getta nuova luce sull´evoluzione dei carnivori

Il reperto é stato dimenticati per quasi 100 anni nel magazzino del American Museum of Natural History, finche una nuova ispezione ha evidenziato il suo significato:

Il fossile studiato appartiene a un antenato dei moderni carnivori, che includono animali tanto diversi fra di loro come felini, canidi, orsi e altri ancora.
Finora si riteneva che questi antichi carnivori nell´Eocene erano animali arbicoli, ma secondo Michelle Spaulding che ha condotto la nuova ricerca, " I carnivori sono un gruppo molto diversificato oggigiorno, e anche nel passato - lo studio condotto ci mostra come non tutti se ne stavano sui rami a guardare giú. Miacis uitensis non mostra adattamenti alla vita arbicola."

I primi fossili di Miacis uitensis sono stati scoperti durante una spedizione nel 1894 nella formazione dei "White River beds" dello Utah e descritti per la prima volta l´anno successivo dal paleontologo Henry Fairfield Osborn (che diede il nome anche al Tyrannosaurus rex).

Nel 1896 uno scheletro della specie quasi completo fu scoperto, pero ignorato e poi dimenticato - ora studiato , ha mostrato negli arti e nelle articolazioni una capacitá di movimenti ridotti, non adatti per una vita completamente arbicola, anche se Miacis era capace di arrampicarsi.

FONTE:
Public release AMNH (21.12.2009): Fossil shelved for a century reworks carnivore family tree.

03.03.2009

La storia dell´uomo la racconta l´iena

Un team di ricerca dell´Università di Wits (Sudafrica) ha annunciato in un articolo pubblicato nella rivista "Journal of Archaeological Science" di avere scoperto quello che sembrerebbero i più antichi "capelli" umani finora conosciuti.
Il ritrovamento é avvenuto in dei coproliti di´iena - cioè escrementi fossilizzati - nella caverna di Gladysvale (Sudafrica), luogo conosciuto per il ritrovamento di fossili di ominidi.
I capelli umani fossili più antichi finora conosciuti erano stati datati a 9.000 anni - scoperti su una mummia della catena montuosa delle Ande - Sudamerica.
I coproliti ora analizzati di iena sono parte di un grosso mucchio - una vera e propria latrina usata da questi animali per diverse generazioni- con un’età compresa tra i 195.000 a 275.000 anni.

I fossili, che rappresentano le impronte di capelli impresse nel carbonato, che ha sostituito l´originale materiale organico, a detta della professoressa Lucinda Backwell mostrano la tipica struttura umana, e secondi i ricercatori rappresenta la più antica testimonianza - a parte delle ossa - dei primi progenitori del genere Homo.

30.12.2008

Il primo ghepardo

La China negli ultimi anni ci ha regalato fossili eccezionali sui dinosauri e i primi veri mammiferi del mesozoico. Ma anche scoperte piu recenti (non solo nel senso geologico) gettano nuova luce sull´evoluzione dei mammiferi, p.e. gia 2,5 a 2,2 millioni d´anni fa vivevano gli antenati dei ghepardi.

Ricercatori hanno scoperto nella China un teschio ben conservato che ha mostrato stupefacenti similiarita coi moderni rappresentanti di questo gruppo. La nuova specie scoperta, denominata Acinonyx kurteni, in onore di Björn Kurtén (1924 -1988: Paleontologo finlandese che si dedico ai vertebrati) possedeva come il moderno ghepardo arti lunghi e snelli e un teschio alto e stretto. La scoperta di un teschio integro é stata effetuata da Christiansen del Museo Zoologico di Kopenhagen e Ji Mazák del Museo delle Scienze di Shanghai nella provincia chinese di Gansu.

Teschio di un moderno ghepardo (femmina di Acinonyx jubatus)

Il fossile é stato comparato anche a quello degli moderni puma e l´ocelot (ritenuti stretti parenti del ghepardo), ma possiede piú affinitá con le tipiche proporzioni e una simila grandezza del teschio di un moderno ghepardo, anche se mostra differenze nelle posizione degli denti e una struttura piú primitiva dell´apparato masticatorio.

Durante l´evoluzione degli felini furono i leopardi i primi a staccarsi dalla linea evolutiva principale, poi i puma e i ormai estinti ghepardi nordamericani. I ghepardi moderni stando alla nuova scoperta sarebbero un gruppo a se, non imparentato strettamente con i ghepardi nordamericani - e cosi non sviluppatesi origiariamente sul continente nordamericano- come finora pensato.


CHRISTIANSEN, P. & MAZAK, J.H. (2009): A primitive Late Pliocene cheetah, and evolution of the cheetah lineage. PNAS