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04.11.2011

La Toscana: Terra di balene e vermi mangia-ossa

"They say the sea is cold, but the sea contains the hottest blood of all,
and the wildest, the most urgent.
"
"Whales Weep Not!" D.H. Lawrence (1885-1930)

Gli abissi marini sono stati spesso comparati con un deserto in cui solo occasionalmente si trovano delle oasi - campi idrotermali in cui sorgenti di acqua bollente offrono abbastanza energia da alimentare un ecosistema, oppure le carcasse in decomposizione di grandi animali marini.
I processi tafonomici in mare aperto differiscono notevolmente da quelli osservabili vicino alla costa o in acque poco profonde - anche se purtroppo ancora poco si conosce sui fattori che gli influenzano - soprattutto se si tratta di gigantesche carcasse, come per esempio di balena. Si presume che la decomposizione di un corpo cosi grande è influenzata in una prima fase dalla profondità della colonna d´acqua e la pressione idrostatica, due fattori che influenzano il tempo in cui la carcassa galleggia nell´acqua. Una volta raggiunto il fondo, la decomposizione della balena segue una successione generale con diverse ondate di animali spazzini e saprofagi. La carne è rapidamente rimossa da grandi animali, come per esempio squali. I resti, come tessuto adiposo e cartilagine, sono colonizzati più lentamente  da organismi che si cibano sia dei resti organici che dal denso tappeto di batteri che si sviluppa su di essi. Dopo alcuni mesi rimangono solo le ossa, anch´esse sono colonizzate da una comunità di specie molto interessante è specializzata per quest'ambiente estremo composta principalmente da batteri, molluschi e policheti.
Gli esempi di grandi balene morte studiate oggigiorno sono abbastanza rari e imprese difficili (al minimo serve un sottomarino), ma il record fossile, soprattutto del Neogene, ha restituito materiale molto interessante e di relativamente facile accesso.

Già nel 2010 una ricerca condotta su scheletri di balena fossile ritrovati nel Pliocene toscano (per esempio localitá come Ponte a Elsa, Castelfiorentino, Castellarano e Castell' Arquato) ha mostrato che già in passato esisteva una successione di organismi sulle carcasse di balene e questa successione dipendeva in parte dalla profondità in cui giaceva la balena. 
Un´altra ricerca pubblicata nello stesso anno ha descritto su ossa fossili di un giacimento spagnolo degli icnofossili - Trypanites ionasi - che sono stati attribuita a delle tane di un organismo comparabili al moderno genere di "vermi-mangia ossa" Osedax (gruppo di animali descritto appena nel 2002 nelle ossa di balena ritrovati sul fondo della baia di Monterey, California). Osedax e un policheto che non possiede bocca o sistema digerente, ma assorbe sostanze nutritive grazie a delle protuberanze a forma di radice che entrano all´interno delle ossa.

Fig.1. Ricostruzione dell´organismo che ha prodotto l´icnofossile Trypanites ionasi (immagine da MUNIZ et al. 2010), basandosi sopratutto sull´anatomia del moderno genere Osedax.

Una ricerca pubblicata recentemente nella rivista Historical Biology ha descritto simili tane su un reperto proveniente dalla Toscana - il primo esempio d'icnofossile di "vermi-mangia ossa" descritto dalla regione dal Mediterraneo, e il terzo esempio in assoluto nel record fossile (a parte il materiale spagnolo esistono resti di ossa con delle tracce ritrovate nei pressi della costa dello stato di Washington).
L´icnofossile, composto di un bulbo all´interno delle ossa, è stato scoperto grazie a delle analisi di ossa con il metodo della tomografia computerizzata eseguite all´University of Leeds e il Natural History Museum in Inghilterra.

Fig.2. Scan di tomografia computerizzata con ricostruzione dell´organismo che ha prodotto le tane sulle ossa di balene del Pliocene toscano (HIGGS et al. 2011).

La scoperta è interessante perche amplifica notevolmente l´areale di distribuzione dei vermi mangia-ossa nel passato (6-3 milioni di anni). Inoltre è verosimile secondo i ricercatori che ancora oggi negli abissi del Mediterraneo esistano specie non ancora descritte di questo gruppo di policheti.

Bibliografia:

ALLISON, P.A.; SMITH, C.R.; KUKERT, H.; DEMING, J.W. & BENNETT, B.A. (1991): Deep-water taphonomy of vertebrate carcasses: a whale skeleton in the bathyal Santa Catalina Basin. Paleobiology 17(1): 78-89
DOMINICI, S.; CIOPPI, E.; DANISE, S.; BETOCCHI, U.; GALLAI, G.; TANGOCCI, F.; VALLERI, G. & MONECHI, S. (2009): Mediterranean fossil whale falls and the adaption of molluscs to extreme habitats. Geology 37(9): 815-818
HIGGS, N.D.; LITTLE, C.T.S.; GLOVER, A.G.; DAHLGREN, T.G.; SMITH, C.R. & DOMINICI, S. (2011): Evidence of Osedax worm borings in Pliocene (3 Ma) whale bone from the Mediterranean. Historical Biology
MUNIZ, F.; DE GIBERT, J.M. & ESPERANTE, R. (2010): First trace-fossil evidence of bone-eating worms in Whale carcasses. Palaios 25: 269-273

14.06.2010

Sulle orme dell´Ichnologia italiana

L´Ichnologia é considerata una branca delle scienze della terra relativamente giovane, anche se, come i fossili "comuni", impronte fossili erano notate già nell'antichità, é hanno trovato spesso espressione nei miti e nelle leggende dei popoli.

Ma solo nel 19° secolo le impronte vengono soggetti dell'ichnologia - la scienza delle impronte di vita di animali e piante - con le prime ricerche condotte dal reverendo Buckland, con la descrizione del Chirotherium - l´animale dalle mani - in sedimenti triassici dell´Europa e con il riconoscimento che strane strutture sedimentarie, considerati resti di vegetali, rappresentano le impronte dei movimenti di animali invertebrati.


I sedimenti mesozoici e cenozoici della penisola italiana hanno giocato un importante ruolo nel progresso di questa disciplina. Le marne a Fucoidi sono denominate proprio per l´abbondanza di questo icnogenere, di cui l'icnospecie Fucoides (=Chondrites) targionii é stata descritta nel 1823 dal geologo francese Adolphe Brongniart basandosi su materiale italiano.

Fig.1. Fucoides, Gola del Bottaccione, Gubbio.

Il termine si trova spesso in pubblicazioni o guide della geologia italiana - é, infatti, é una struttura sedimentaria molto diffusa nelle formazioni dell´Appenninico, anche se a quei tempi si riteneva che si trattasse di un resto vegetale, e non un'impronta di scavo da parte di un organismo animale. I
grandi geologi inglesi Lyell e Murchinson entrambi visitarono l´Italia per studiare gli affioramenti di queste rocce e i loro icnofossili.

Nel 1855 il naturalista Abramo Massolongo denomina formalmente l´icnogenere Zoophycos, descritto poco prima da Antonio Villa (1844), e nel 1850 Giuseppe Meneghini descrive Paleodictyon, a ancora insieme a Paolo Savi nello stesso anno descrive Nemertilites (=Scolicia), tutti icnogeneri molto diffusi è di notevole importanza per la ricostruzione paleo ambientale della formazione geologica.

Fig.2. Zoophycos dal Capo Rossello, Sicilia.

Ma già nel 16° secolo, quasi 300 anni prima, alcuni naturalisti del rinascimento italiano hanno studiato icnofossili è speculato sulle loro origini. Tra questi spicca il genio universale di Leonardo da Vinci, che basandosi sulle sue osservazioni di animali recenti scopri cose eccezionali per il suo tempo sui fossili.
È noto che Leonardo rifiuta il mito che vuole i gusci (i suoi "nichi", come li descriveva) nei sedimenti come testimonianza del diluvio universale, e riconosce che per il processo di formazione di queste "caratteristiche" nei sedimenti si ha bisogno di molto tempo: una prima idea del processo di fossilizzazione.
Scrive a proposito nel Codice "Leicester":

"Come tutti li fanghi marini ritengano ancora de "nicchi", ed è pietrificato il nicchio insieme col fango."

Meno noto é che Leonardo si interessò anche di tracce impresse nel sedimento e bioerosione in forme di tane "scavate", a pari come un tarlo nella legna, nei gusci. Basandosi su osservazioni di gusci recenti e la vita marina nei littoriali, Leonardo riconosce che i singoli strati rappresentano dei sedimenti depositati in antichi fondali marini:

"Come nelle falde, infra l´una e l´altra si trovano ancora gli andamenti delli lombrici, che camminavano infra esse quando non erano ancora asciutte."

Sui buchi di gusci fossili scrive:

"Ancora resta il vestigio del suo andamento sopra la scorza che lui già, a uso di tarlo sopra il legname, andò consumando."

e ancora

"Vedesi in nelle montagne di Parma e Piacentia le moltitudini di nichi e coralli intarlati".

Leonardo uso un approccio molto moderno: l' attualismo - paragono i vecchi segni con tracce di moderni animali, é giustamente riconosce la loro "parentela".
Ma Leonardo comunque, come é noto, non sostenne mai i suoi risultati pubblicamente, e il suo sapere andò perso per le prossime generazioni.

Erano comunque tempi pericolosi, il naturalista Ulisse Aldrovandi, vissuto poco dopo Leonardo, fini i suoi ultimi anni di vita in arresto domiciliare, accusato di eresia.
Nella sua opera più importante, il "Musaeum Metallicum" (1648) descrive e rappresenta centinaia di fossili, minerali e tracce fossili, a pari di stranezze e mostri mitologici - anche se incline all´osservazione personale, Aldrovandi combina come del resto gran parte dei naturalisti di quei tempi, l´approccio scientifico di Galileo con l´approccio teoretico e filosofico dei pensatori dell'´era classica greca.

La conoscenza che fossili rappresentano i resti e le impronte di animali verrà accettata universalmente appena a meta del 18° secolo, anche se si rimarrà dell´idea che siano i testimoni del diluvio universale...

Fig.3. Non solo invertebrati - impronta tridattile del Gargano.

Bibliografia:

BAUCON, A. (2008): Italy, the Cradle of Ichnology: the legacy of Aldrovandi e Leonardo. Studi. Trent. Sci,Nat., Acta Geol. 83: 15-29

28.05.2010

Sir Charles Lyell (1797 - 1875)

"The greatest merit of the Principles was that it altered the whole tone of one's mind, and therefore that, when seeing a thing never seen by Lyell, one yet saw it through his eyes."
C. Darwin

Fig.1. "Principles of Geology", 1st edition, 1st vol. Jan. 1830

I profondi cambiamenti durante la meta del 19. secolo nella paleontologia e l’avvento della teoria dell’evoluzione non possono essere compresi se non si considera i cambiamenti nella geologia promossi da un naturalista che viene ritenuto uno dei padri della geologia: Charles Lyell.

Sir Charles Lyell (1797 - 1875) si iscrisse all´Università di Oxford all´età di 19 anni. Studio per primo matematica, arti classiche e diritto (si laureo in legge), ma dopo che aveva assistito a una lezione di William Buckland nacque il suo interesse per la geologia. Dopo l´inizio come avvocato, nel 1827 il suo interesse per le scienze naturali e la geologia lo portarono a viaggiare in lungo e in largo per il continente europeo.

Nel periodo che va dal 1830 al 1833 pubblicò i risultati dei suoi studi nell’opera storica "Principles of Geology", in cui applicò e sviluppò la sua versione della teoria “attualista”, concepita in principio da James Hutton, e contrapposta al catastrofismo di quel periodo, sviluppata particolarmente dal naturalista Georges Cuvier. Non catastrofi e cambiamenti rapidi scolpirono la terra, ma lenti processi di deposizione e erosione, osservabili anche nei tempi moderni (da cui il nome "Attualismo"), anche se necessitano migliaia, se non milioni di anni. Nell’Uniformitarismo di Lyell le forze della natura sono le stesse nel passato, presente, e futuro. Lyell si ribello in questo modo contro le teorie geologiche accertate del suo tempo. Nella terza edizione dei suoi “Principles” si occupo di paleontologia e stratigrafia, é anche della storia naturale dell´uomo. Lyell affermo che l’età della terra e con essa del genere umano fosse molto più antica di quanto finora ritenuta.

Fu proprio una copia di Lyell´s libro, prestata a Darwin dal capitano Fitzroy, a dare a Charles un’idea degli abissi del tempo (e interessarlo nuovamente alla geologia, che dopo i primi corsi intrapresi all’Università considerava una scienza noiosa) che la terra é la vita avevano attraversati, un lasso di tempo necessario per la lenta evoluzione degli organismi come molti anni più tardi postulerò Darwin.

Darwin e Lyell diventeranno amici, e dopo la presentazione di Darwin sua teoria sulla trasmutazione, Lyell, dopo il primo scetticismo (che comunque si protrasse per più di 25 anni) diverrà uno dei più importanti sostenitori.

16.05.2010

Chicxulub: La coda del diavolo

Fig.1. Lo strato di Iridio nella gola del Bottaccione nei pressi di Gubbio, Cretaceo in basso, Paleogene in alto dell´immagine (... rotata di 90°).

Una caratteristica della transizione C/P è l'apparente mancanza di un record stratigrafico completo, e fino al decennio tra 1960 e 1970 con la scoperta di Alvarez nella Scaglia rossa nella gola di Gubbio, si riteneva che il limite superiore del Cretaceo fosse andato eroso e praticamente perso.
Negli anni ottanta il geologo Alvarez cercò di datare sedimenti della gola di Gubbio tramite l´accumulo di rari elementi che in una rata constante raggiungono la terra tramite micrometeore. Nel corso di questa ricerca scopri la conosciuta anomalia dell´Iridio. La genesi di questa concentrazione anomala di questo elemento raro sulla terra rimase ignota, una possibile spiegazione, a parte di una sedimentazione molto lenta e un accumulo dei micrometeori, era l´impatto di una grande massa extraterrestre con un alto contenuto di questo elemento. Ma mancavano ulteriori prove per confermare l´ipotesi.


Nel 1981 Antonio Camargo-Zanoguera e Glen Penfield durante un congresso geofisico presentarono le loro ricerche su una struttura geologica scoperta 30 anni prima durante sondaggi geofisici sulla penisola dello Yucatan. I due ricercatori proponevano una nuova interpretazione di questa struttura sepolta sotto 300 a 1.000 metri di sedimenti, ritenuto di origine vulcanica. Ma la loro ipotesi, che si trattava di una struttura d´impatto suscitò poco interesse.
Solo 10 anni più tardi ricercatori dell´Università di Arizona studiarono attentamente le struttura e esiguirono prime datazioni, che davano un´età di 65 milioni di anni.
Delle ulteriori ricerche nel 1993 rivelo che la struttura della penisola dello Yucatan era un cratere d´impatto di struttura complessa, con un bulbo centrale circondato da cerchi concentrici con un diametro complessivo di 180 chilometri, fu denominato Chicxulub - la coda del diavolo.

Fig.2. Locazione dei carotaggi eseguiti sulla penisola dello Yucatan (tra cui Yax = Yaxcopoil-1) proiettati su una carta delle anomalie gravitative della regione (linea nera = costa), si riconoscono gli anelli concentrici del cratere, da KELLER et al. 2004.

Dato che l´età coincideva , Alvarez penso di avere scoperto l´impatto responsabile dell´anomalia dell´Iridio e l´estinzione al limite C/P.
Il limite C/P nel 1995 è stato definito nello stratotipo (GSSP) di El Kef (Tunisia) in coincidenza con il picco di Iridio e l'estinzione di massa di specie di foraminiferi alla base del noto strato di argilla (C/P boundary clay), depositatosi dopo l'impatto a causa della diminuzione della produttività biologica negli oceani.

Il carotaggio Yaxcopoil-1 é stato effettuato nel Messico nel corso del Chicxulub Scientific Drilling Project, per studiare la stratigrafia del cratere. Sono stati recuperati sedimenti da 400 a 1.511m di profondità. Fino a 795 m prevalgono siltite e arenarie carbonatiche, poi seguono 100m di breccia, interpretata come roccia fratturata durante l´impatto.

Fig.3. Stratigrafia di Yaxcopoil-1, la breccia d´impatto é stata interpretata tra 795-895m di profondità (sbarra nera a sinistra) preso da TUCHSCHERER et al. 2004.

La breccia d'impatto e il materiale fuso sono state datate tramite isotopi di argon a una età di circa 65 milioni di anni, inoltre anche il materiale espulso dal cratere è depositatosi sul globo è stato datato tramite zirconi e vetro a una età di 65,07+-0,1Ma. Ma la carota recuperata ha mostrato anche due prominenti lacune stratigrafiche tra il Cretaceo superiore (Maastrichtiano) e il Paleocene inferiore (Daniano).

Per quel che riguarda Alvarez, il "padre" dell'evento C/P, di certo non dimostra modestia, cosi nel 2009 scrive:

"Geologists could no longer doubt the reality of catastrophic impact events.
The K-T impact, first recognized at Gubbio, was a truly catastrophic event in Earth history, whose history is written in detail in the rock record. It correlates with, and probably caused, the great mass extinction 65 Ma. After a century and a half, the uncompromising uniformitarian gradualism of Lyell was dead."

BIBLIOGRAFIA:

ALVAREZ, W., ALVAREZ, L.W., ASARO, F. & MICHELl, H.V. (1979): Anomalous iridium levels at the Cretaceous/Tertiary boundary at Gubbio, Italy: Negative results of tests for a supernova origin. In: Cretaceous-Tertiary Boundary Events Symposium; II. Proceedings (Eds W.K. Christensen and T. Birkelund), pp. 69. University of Copenhagen

ALVAREZ, L.W., ALVAREZ, W., ASARO, F. & MICHEL, H.V. (1980): Extraterrestrial cause for the Cretaceous-Tertiary extinction. Science 208: 1095-1108

ALVAREZ, W. (2009): The historical record in the Scaglia limestone at Gubbio: magnetic reversals and the Cretaceous-Tertiary mass extinction. Sedimentology 56: 137-148; doi: 10.1111/j.1365-3091.2008.01010.x
ARENILLAS, I.; ARZ, J.A.; GRAJALES-NISHIMURA, J.M.; MURILLO-MUNETON, G.; ALVAREZ, W.; CAMARGO-ZANOGUERA, A.; MOLINA, E. & ROSALES-DOMINGUEZ, C. (2006): Chicxulub impact event is Cretaceous/Paleogene boundary in age: New micropaleontological evidence. Earth and Planetary Science Letters 249: 241-257 doi:10.1016/j.epsl.2006.07.020

KELLER, G.; ADATTE, T.; STINNESBECK, W.; REBOLLEDO-VIEYRA, M.; FUCUGAUCHI, J.U.; KRAMAR, U. & STÜBEN, D. (2004): Chicxulub impact predates the K-T boundary mass extinction. PNAS 101(11): 3753-3758 doi/10.1073/pnas.0400396101

TUCHSCHERER, M.G.; REIMOLD, W.U.; KOEBERL, C. & GIBSON, R.L. (2004): Major and trace element characteristics of impactites from the Yaxcopoil-1 borehole, Chicxulub structure, Mexico. Meteoritics & Planetary Science 39(6): 955-978

29.04.2010

Dinosauri surgelati?

Il clima durante il Cretaceo viene spesso immaginato come uniformemente caldo, sia nello spazio che nel tempo, e il dinosauro e il multitubercolato sono sempre (o quasi sempre) rappresentati in una foresta tropicale lussureggiante.
Le interpretazioni vecchie imputavano la temperatura media dal pianeta, molto superiore alle condizioni recenti, a un tasso di CO2 elevato e correnti marine che disperdevano l'energia solare efficacemente sull'intero globo (in parte come risultato della paleogeografia che differisce da quella odierna).
Una vegetazione subtropicale raggiungeva anche latitudini polari e i poli probabilmente non presentavano una coltra di ghiaccio.

Una nuova ricerca (PRICE et al. 2010) però ha messo in rilievo un possibile cambiamento climatico 137 milioni di anni fa. Studiando la composizione isotopica di minerali e fossili dell'isola di Svalbard (oggi situata nel circolo polare) i ricercatori hanno ricostruito un abbassamento della temperatura media dell'acqua marina da 13° a 4-7°. I fossili e le litologie riscontrate sono tipiche di un ambiente caldo-umido di palude e mare poco profondo, ma entro un breve arco di tempo (beninteso in senso geologico di alcuni migliaia di anni) si osserva un deterioramento climatico pronunciato nell' ambiente marino.

Questo studio conferma in parte ricerche più vecchie, che mostrano che la nostra immagine di un mesozoico formato serra con un clima omogeneo, e risultanti provincie faunistiche con poca variabilità climatica, è troppo semplicistico.


I valori isotopici di foraminiferi di 91 milioni di anni fa, proprio durante una fase con elevate temperature globali nel Cretaceo, con temperature dell'oceano che raggiungevano valori ricostruiti di 35-37°, mostrano che grandi quantità di acqua furono esportati dall'oceano (BORNEMANN et al. 2008). Di conseguenza anche il livello degli oceani si abbasso di 25 a 40m. Secondo gli autori della ricerca l'unica possibilità di stoccaggio di cosi grandi quantità di acqua sono ghiacciai.
La ricostruzione assume che sulla terra ferma (i mari rimanevano troppo caldi) durante fasi con un clima fresco (con valori annui in medi più alti, ma con estati relativamente fredde e umide) che potevano durare anche 200.000 anni, si sviluppavano ghiacciai, probabilmente nell'entroterra di continenti o su catene montuose. Si deve anche considerare che lo sviluppo di ghiacciai non dipende solo dalla temperatura, ma anche delle precipitazioni - in un clima globale più caldo anche l'evaporazione, e di conseguenza le precipitazioni possono aumentare, causando paradossalmente l'avanzamento di ghiacciai.

Fig. 2. Paleogeografia semplificata con zone climatiche ricostruite e siti di fossili "polari", tra cui "Dinosaur Cove", che già a quei tempi si trovava nei limiti del circolo polare.

Nel sito di Dinosaur Cove, nel nordest dell’Australia, si possono trovare arenarie e siltiti risalenti al Cretaceo superiore di 100 milioni di anni fa, depositati in una piana alluvionale con sparsi laghi che si estendeva nel rift che si stava aprendo tra l’Australia e l’Antartide. Il clima di questo sito, che ha restituito anche una peculiare fauna e flora, tra cui forse uno dei primi mammiferi placentali denominato Ausktribosphenos e ossa indeterminate di due specie di monotremi, è stato ricostruito grazie agli isotopi di ossigeno delle rocce e fossili di piante.
Il valore della temperatura media annua ottenuto tramite questi due metodi varia tra 0-8°C e i 10°. A sostenere e ampliare questa ricostruzione di un clima temperato a freddo e la geologia e la composizione della flora in generale , che è dominata da conifere, preadattati a condizioni fredde e secche, come risultano durante fasi di gelo. Abbondanti resti e spore di felci e muschi comunque mostrano condizioni che in media annua erano molto umide. La presenza di accumulazioni di strati di foglie per questo sono state interpretate come stagionali fasi in cui piante superiore cessavano la loro crescita – forse in risposta di una stagione fredda o secca, o una combinazione di questi due fattori. I singoli strati di arenarie in questo modello potrebbero rappresentare piene e risultanti alluvioni che scendevano dalle scarpate del rift quando con l’inizio della calda stagione incominciava la fusione dei ghiacci o la neve accumulata.


Con la ricostruzione sempre più dettagliata del paleo clima quello che emerge è che il clima già in passato presentava notevoli variazioni, e che il sistema clima dipende da moltissimi fattori, in parte non ancora compresi dalle scimmie nude che negli ultimi secoli hanno cominciato a giocarci.

BIBLIOGRAFIA:

ICKERS-RICH, P. & RICH, T.H. (1999): I dinosauri polari dell’Australia. L’evoluzione dei vertebrate. Le Scienze Quaderni. No.107

PRICE, G.D. & NUNN, E.V. (2010): Valanginian isotope variation in glendonites and belemnites from Arctic Svalbard: Transient glacial temperatures during the Cretaceous greenhouse. Geology 38: 251-254

BORNEMANN, A.; NORRIS, R.D.; FRIEDRICH, O.; BECKMANN, B.; SCHOUTEN, S.; SINNINGHE-DAMSTE, J.S.; VOGEL, J.; HOFMANN, P. & WAGNER, T. (2008): Isotopic Evidence for Glaciation During the Cretaceous Supergreenhouse. Science Vol. 319 (5860): 189 - 192 DOI: 10.1126/science.1148777

Immagine introduttiva: Copertina di "Turok - Son of Stones" del Marzo 1964

24.04.2010

Sulle orme dei sauri

La scoperta annunciata nel Marzo 2010 di ritrovamenti di impronte fossili di rettili nel Trentino (segnalato qui e qui) aggiunge un´ulteriore capitolo nella ricca storia geologica e paleontologica dei monti pallidi - le Dolomiti. I ricchi giacimenti di fossili reperibili e l´importanza per le scienze geologiche di questa area é stato uno dei motivi per dichiarare le Dolomiti patrimonio dell´umanità nel Giugno 2009.

La prima menzione di tracce di vertebrati fossili -icnofossili- risale al 1800-1802, quando un giovane studente scopri impronte di dinosauro nel Giurassico del Connecticut.
Ma si deve aspettare quasi fino al 1950 che l´icnologia, la scienza che studia le impronte fossili, si stabilisce come ricerca propria.
Considerando questo, le Dolomiti hanno giocato un ruolo importante nella storia e nello sviluppo dell´icnologia.

Nel 1891, in una cava di arenaria nei pressi di Gleno e Montagna, Provincia di Bolzano, il naturalista amatoriale F. Gasser raccolse uno strano frammento di roccia. Invio i reperti al paleontologo austriaco Ernst Kittel, che riconosce somiglianze con impronte di rettili scoperti pochi anni prima nella Turingia. Kittel pubblica una breve notizia del ritrovamento nella rivista del club turistico austriaco nel 1891 - era la prima impronta di rettile trovata nel Trentino-Alto Adige.


Fig.2. Sul notiziario dell´"Österreichischer Tourist Club" del 1891 compare la prima descrizione scientifica di un'impronta di rettile rinvenuta nell´area delle Dolomiti.

Anni dopo, nell´estate del 1931, Gualtiero Adami, ingegnere e collaboratore del Museo di Scienze Naturali della Venezia Tridentina, scopre durante un sopraluogo sull´altopiano di Piné una pietra su cui superficie era impressa una sagoma simile ad una lucertola. Il fossile fu consegnato al museo e studiato dal geologo Giorgio del Piaz, che durante una riunione della società Italiana per il Progresso Scientifico nel settembre dello stesso anno annuncio "la scoperta di un nuovo genere probabile di paleolacertide raccolto nei pressi di Piné in un sottile letto di tufo compreso entro il porfido permiano", che attualmente e in fase di studio. Il fossile conferma anche le prime attribuzioni a rettili come artefici delle orme fossili.
Il fossile però viene messo in disparte, prima a Milano, poi nel 1938 a Padova. Nel 1942 Giambattista Dal Piaz cita brevemente il reperto, parlando di "un bellissimo rettile lacertiforme di habitat sicuramente terrestre". Il fossile viene esposto nel museo con la denominazione Tridentinosaurus antiquus GB dal Piaz, ma appena nel 1959 viene descritto scientificamente da Piero Leonardi, che ne riconosce il significato, come vertebrato in peculiare stato di conservazione (resti di scheletro e patina carboniosa delle parti molle) e più antico delle Alpi meridionali.

Fig.4. Tridentinosaurus.

Per ulteriori tracce fossili si deve aspettare il 1946, quando Piero Leonardi si mette sulle tracce della flora permiana dell´Arenaria della Val Gardena, conosciuta dal 1877. Incuriosito da un resoconto sulla flora fossile della gola del Bletterbach, nei pressi di Redagno, si mette in contatto con l´autore dell´articolo, l´ingeniere Leo Perwanger. Insieme scoprono ulteriori fossili, e alcune lastre con delle impronte di rettili. Dopo alcune stagioni di scavo, nel 1951 Leonardi pubblica i risultati, e realizza l´importanza del sito.

Prosegue le ricerche insieme a Accordi e i suoi studenti.
Nell´estate del 1951 Leonardi scopre a fianco del Monte Seceda (Val Gardena) ulteriori piste e tracce nei sedimenti permiani affioranti. Nel 1955 insieme a Accordi rinviene una località lungo la strada tra Pausa e Doladizza, sul fianco sinistro della valle dell´Adige. E l´anno successivo, insieme ai suoi figli, individua un altro affioramento ad impronte permiane nei pressi del Passo di San Pellegrino.

Fig.5. Piste di tetrapodi con impronte di pelle (sotto a destra). Strati di Werfen, Triassico - Passo Palade.

Le ricerche nel sito di Bletterbach, una località di significato mondiale, proseguono dal 1973 fino ai giorni nostri. La risalita della gola che il rio ha scavato nel fianco della montagna offre la possibilità di attraversare l´intera successione sedimentaria permiana superiore, dalla quale proviene l´insieme più completo finora conosciuto di orme di rettili terrestri del Permiano superiore, con 8 icnogeneri e 9 icnospecie classificati finora, di cui alcune vengono attribuite a Sinapsidi, e sono di recente data ulteriore scoperte da parte del geologo Avanzini.

Fig.6. Vista della gola del Bletterbach (BZ).

BIBLIOGRAFIA:
AVANZINI, M. & WACHTLER, M. (1999): Dolomiti La storia di una scoperta. Athesia S.a.r.l. Bolzano: 150

AVANZINI, M. & TOMASINI, R. (2004): Giornate di Paleontologia 2004 Bolzano 21-23 Maggio 2004 Guida all´escursione: la gola del Bletternach. Studi Trentini di Scienze Naturali - Acta Geologica Supplemento al v.79 (2002):1-34

LEONARDI, G. (2008): Vertebrate ichnology in Italy. Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 83 (2008): 213-221

31.03.2010

Chicxulub: La Palinologia

Una ricerca pubblicata da PRAUSS rilancia la discussione sulla precisa datazione dell´evento di estinzione C-P e l´impatto di Chicxulub. Secondo l´analisi di un carotaggio dei dintorni di Brazos (Texas) in una fase di trasgressione marina un orizzonte al di sotto del limite del Cretaceo marca una pronunciata regressione, seguita da un forte aumento di spore nel sedimento.
Queste spore dimostrano che tra i due eventi la sedimentazione era lenta e continua. La ricerca conclude che già prima del limite di transizione si osserva pesanti cambiamenti negli ecosistemi marini, l´orizzonte di regressione potrebbe coincidere con l´impatto, é questo giocare un ruolo nell´estinzione, ma non essere la causa conclusiva. Nessuna variazione nel contenuto di spore é stata osservata invece nel strato di argilla che da KELLER é stato suggerito come rappresentare un - o l´impatto di Chicxulub.



"The quantitative marine palynology of a 25.36 m long upper Maastrichtian to lower Danian core from Brazos, Texas, is compared and integrated with planktonic foraminiferal stratigraphy and, in the upper part, with stable oxygen and carbon isotopes from benthic foraminifera. The K/Pg boundary, defined by the base of planktonic foraminiferal zone P0 and the onset of a negative 13C shift, closely corresponds to the appearance of lowermost Danian organic-walled dinocysts. Based on various palynological proxies as well as on sedimentologic features, a sequence stratigraphic subdivision of the section is proposed. Accordingly, from the base to the top, a second order relative sea-level rise is inferred, modified by several third order cycles. The most prominent change in dinocyst assemblages is related to a major transgression pulse at about 18.50 m core depth. The so-called "event deposit" (ED), a siliciclastic unit located about 97 cm below the base of the P0 foraminifera zone in the present section, possibly represents a combination of episodic relative sea-level low and lag deposit due to initial transgression. Between the base of the ED and the K/Pg boundary, the gradual increase to peak abundance of trilete spores renders a redeposition of this intervening sedimentary unit improbable and demonstrates a significant time lag between these two horizons. Throughout the section, significant fluctuations of both oxygen- and carbon isotopes are present. Suggested warm episodes correlate with increased dinocyst proportions indicative of open neritic, warm-temperate surface waters, whereas cool episodes largely correlate to an increase of the tropical-subtropical dinocyst fraction. This correlation is considered primarily a function of relative sea-level change, restricting surface water circulation largely to the subtropics during sea-level lows and cooler climates and vice versa. In addition, cool climates largely correlate to heavier 13C values and an increased ratio of peridinioid to gonyaulacoid dinocysts (p/g ratio), suggestive of significant fluctuations in marine primary productivity preceding the K/Pg boundary. By contrast, the lower Danian is characterised by the onset of both persistent warm conditions and a drawdown of marine primary productivity. These data suggest that prominent, high frequency palaeoenvironmental changes precede the K/Pg boundary, which is inconsistent with a single "catastrophic" impact as the cause for the K/Pg boundary event. However, according to the onset and distinct distribution of the peak abundance of trilete spores, the base of the ED may actually reflect the Chicxulub impact, which probably contributed significantly to K/Pg boundary crisis within the biosphere. By contrast, no significant changes within palynologic proxies are observed across the time equivalent of a yellow clay horizon recently discovered from a single outcrop at Brazos, which has been suggested as the actual Chicxulub impact fallout."

BIBLIOGRAFIA:

PRAUSS (2010): Marine palynology of upper Maastrichtian to lowermost Danian strata from the Mullinax-1 core, Brazos River, Texas, USA, - evidence for palaeoenvironmental changes.
Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology Article in Press; doi:10.1016/j.palaeo.2010.03.035

23.03.2010

Estinzione del Permo-Triassico associata a vulcani?

Un’ipotesi per spiegare le estinzioni di massa durante il Fanerozoico e le osservate anomalie degli isotopi di carbonio associate a queste, e che intense attività vulcaniche hanno sprigionate nell’atmosfera grandi quantità di gas e areosol, che modificando profondamente il clima terrestre abbiano contribuito all’estinzione di specie.
Tuttavia, l’esatto rapporto tra eruzioni, modifica delle relazioni isotopiche e periodi di estinzioni non è mai stato analizzata accuratamente in sezioni geologiche che preservano tutti e tre i record.

L'estinzione all'inizio del Triassico, circa 201 milioni di anni fa, è una delle più grandi nel suo genere. Strettamente legato a questo episodio e una grande escursione nella relazione degli isotopi di carbonio, da una dominanza di carbonio proveniente da fonti organiche in direzione carbonio proveniente da fenomeni geologici. Una possibile fonte di questo carbonio sono le emissioni di CO2 dalla provincia magmatica dell’Atlantico centrale (CAMP). L'attività vulcanica che ha creato CAMP è stata associata con la disgregazione del supercontinente Pangea e lß apertura del Protoatlantico: circa 11 milioni di chilometri quadrati di lava furono eruttati nel corso di meno di un milione di anni.

Grazie allo studio di sezioni stratigrafiche di un antico bacino lacustre nel Nord America, in comparazione con sedimenti marini dell’Inghilterra, la ricerca ha potuto constatare che questa escursione è avvenuta su scala globale, sia sulla terra ferma che nell’oceano, proprio quando si sono depositati le prime formazioni basaltiche della CAMP nell’odierno Marocco.

La stretta relazione temporale tra le eruzioni, la modifica degli isotopi e l'estinzione di massa fa pensare che esiste un legame tra questi fenomeni.

BIBLIOGRAFIA:
WHITESIDE et al. (2010): Compound-specific carbon isotopes from Earth’s largest flood basalt eruptions directly linked to the end-Triassic mass extinction. Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, 16 March 2010

18.03.2010

Chicxulub: La geologia

Secondo il modello dell’impatto Cretaceo-Paleogene (C-P) l’estinzione selettiva è stata causata dagli effetti diretti dell’impatto, ma soprattutto dal rilascio di grandi quantità di gas dalle rocce carbonati e ricche di solfati che furono vaporizzate nel punto d’impatto. Questi gas avrebbero profondamente modificato il clima del pianeta, causando un inverno nucleare con un abbassamento delle temperature e piogge acide, che avrebbe influenzato i singoli ecosistemi in modo differente.
A seconda del luogo e la nicchia ecologica che una specie occupava, e una dose di fortuna, questi cambiamenti hanno deciso la sua sorte – adattarsi o estinguersi.


Più di 350 siti della transizione C-P sono conosciuti che mostrano una tipica successione sedimentaria: uno strato di ejecta che varia in spessore e composizione in accordo con la distanza dal punto d’impatto. Fino a 500km questo strato è molto spesso, nei dintorni del cratere stesso raggiunge i 100 a 80m! (facies prossimale di 1. livello). Tra i 500 e1.000km i sedimenti sono tipici depositi di tsunami, strati spessi da alcuni cm a m che contengono sferule e clasti, trasportati dalla forza delle onde dal punto d’impatto fino al punto di ritrovo (facies prossimale di 2. livello). Spostandosi ancora verso l’ esterno, il strato si assottiglia fino a formare il conosciuto deposito ricco di irido spesso alcuni cm e che sovrasta uno strato di sferule (facies intermediata). Sopra i 5.000km di distanza l’evento è rappresentato da uno strato di argilla rossa (facies distale) che contiene ancora tracce del materiale dell’impatto (dato che la base di questo strato nella sezione di El Kef nella Tunisia è il limite definito, l’impatto stesso è avvenuto già nel Paleogene).

Questa successione è in accordo con la localizzazione del cratere di Chicxulub sulla penisola di Yucatan come fonte.

La nuova ricerca ribadisce pesantemente alle argomentazioni dei sostenitori che l’impatto e l’ estinzione non coincidano.
Mentre la nuova ricerca di SCHULTE et al. interpreta la menzionata successione e le lenti di clasti nelle vicinanze del cratere come un evento di frana a causa dell’evento catastrofico, il lavoro di KELLER et al. invece ha interpretato questa successione sedimentaria depositata in un arco di tempo molto maggiore, confutando una correlazione temporale tra impatto e estinzione.
Inoltre secondo gli autori strati di argilla causati secondo Keller da singoli impatti, implicando che ci furono più di un impatto alla fine del C-P, non mostrano le tipiche sferule e sono derivati da eruzioni vulcaniche locali precedenti all’estinzione.

L’arenaria dolomitica con rari foraminiferi del Cretaceo che ricopre il cratere (e implicando cosi un età maggiore del cratere) viene interpretata come material di riporto, in cui fossili più antichi sono stati erosi e ridepositati, falsificando l’ interpretazione cronologica tramite i microfossili.

Fig.1. Distribuzione globale delle trivellazioni in mare aperto e siti che hanno restituito carote con strutture sedimentologici riferibili all’impatto di Chicxulub (asterisco). Magenta: facies prossimale di 1. livello (fino a 500km) Rosso: facies prossimale di 2. livello (fino a 1.000km) Arancione: facies intermediata (fino a 5.000km) Giallo: facies distale (sopra i 5.000km) In basso la sequenza schematica delle singole associazioni di facies (da SCHULTE et al. 2010).

Secondo SCHULTE et al. 2010 la geologia appoggia l´ipotesi che l´evento fu uno solo, i suoi effetti globali é che coincide con la transizione C-P (un argomento relativamente problematico, dato che per definizione il Cretacico termina con la base dello strato di argilla).
Su questo ultimo punto cruciale vale la pena dedicare un articolo a se sulla datazione tramite biostratigrafia e chronostratigrafia dell´evento.


CONTINUA...


BIBLIOGRAFIA:
SCHULTE etal. (2010): The Chicxulub Asteroid Impact and Mass Extinction at the Cretaceous-Paleogene Boundary. Science Vol. 327. no. 5970: 1214 - 1218
KELLER, G.; ABRAMOVICH, S.; BERNER, Z. & ADATTE, T. (2009): Biotic effects of the Chixulub impact, K-T catastrophe and sea level change in Texas. Paleogeography, Paleoclimatology, Paleoecology 271:52-68
FRENCH, B.M. (2003): Traces of Catastrophes: A handbook of Shock-Metamorphic Effects in Terrestrial Meteorite Impact Structures. Lunar and planetary Institute

28.12.2008

Chixulub non fu la causa dell´estinzione C-T ?

L´impatto d´ asteroide del cratere di Chixulub nei media e nel collettivo generico viene volentieri visto come l´unico fattore di estinzione alla fine del Cretacico - che comprese anche i dinosauri, e viene visto come il grande avvento degli mammiferi.

Ma durante questa transizione si sono osservati molti altri profondi cambiamenti sulla terra, come cambiamenti climatici, fluttuazione del livello marino e un forte vulcanismo. Anche i dati sui fossili sembrano mostrare piu un lento declino della biodiversita, che un improvviso cessare.

L´eta del Chixulub si basa su una controversa interpretazione di uno strato di arenarie con sferule d´impatto nel Texas e Nuovo Messico - che viene interpretato come deposito di un immenso maremoto. Recentemente sono stati scoperti strati di arenarie sottostanti (fino a 4 a 9m) a questo orizzonte, che da alcuni autori vengono considerati i reali depositi dell´impatto.

Un nuovo studio ha relativato l´effetto dell´impatto del Chixulub sui microorganismi marini presenti a quei tempi. KELLER et al. hanno studiato in una sezione stratigrafica nel Texas, nei pressi di Brazos, oggigiorno circa 1000 chilometri piú a nord dell´luogo d´impatto.


La localitá ora studiata in confronto con le altre zone di ritrovo di sfere d´impatto nell´America centrale e il Texas.

I sedimenti basali della sezione sono stati depositati su una piana marina poco profonda, mentre la parte superiore é composta da arenarie e microsferule di roccia fusa dell´impatto ridepositate. Il strato deposto dall´impatto invece é stato scoperto 45 a 60 cm piú in basso di questo limite di erosione.

La sezione studiata del "Cottonmouth Creek", che mostra lo strato d´argilla giallo con le sferule d´impatto - che nel corso del tempo si sono alterate in minerali argillosi (curva alla sinistra). Questo strato si trova 45 a 60cm sotto alle arenarie con sfere d´impatto ridepositate. Il limite Cretacico-Terzario si trova a sua volta 40cm sopra i strati d´arenaria.


Prendendo questi orizzonti come marker temporali, gli autori hanno ricostruito che l´impatto non ha avuto quasi nessun effetto sulla distribuzione di specie di foraminiferi, mentre gran parte di essi si sono estinti circa 40 a 80cm sopra il livello di arenaria, cioé 300.000 anni piú tardi.
Secondo gli autori límpatto di Chixulub e l´estinzione C-T sono due eventi distinti, é l´estinzione degli organismi marini studiati risulta da un abbassamento del livello marino a quei tempi.

Tabella con la somma dei dati della sezione studiata. La deposizione delle arenarie coincide con l´abbassamento del livello marino nel Maastrichiano (70,6-65,5Ma), dopo un generale raffreddamento del clima globale. L´impatto del Chixulub secondo i dati aviene molto prima dell´estinzione, e a sua tempo non mostra influsso sulle specie studiate.
N.B.: Le immagini sono riprese dalla pubblicazione per soli scopi didattici.

KELLER, G.; ABRAMOVICH, S.; BERNER, Z. & ADATTE, T. (2009): Biotic effects of the Chixulub impact, K-T catastrophe and sea level change in Texas. Paleogeography, Paleoclimatology, Paleoecology 271:52-68