31.07.2010

Nuove specie di "ratto gigante" descritte dall´Indonesia

Ricercatori australiani hanno pubblicato l´immagine dei resti di una nuova specie di roditore fossile attribuita al genere Coryphomys, comparabile dalla morfologia con l´odierno genere Rattus, ma notevolmente piú grande con un peso stimato di 6 chilogrammi.
I resti fossili, che comprendono in complessivo 11 nuove specie di roditori, provengono da scavi archeologici in sedimenti di caverne datati dai 1.000 ai 2.000 anni dell´isola di Timor.
L´eta molto recente di questi fossili nutre un cauto ottimismo: Secondo i ricercatori é possibile che alcune di queste specie, conosciute al momento solo allo stato fossile, si rivelino tuttora viventi nella foresta pluviale che ricopre ancora il 15% dell´isola.

Fig.1. Comparazione dei resti fossili di Coryphomys con un cranio di ratto comune (Rattus rattus), vista ventrale, immagine AFP / CSIRO / Ken Aplin.

I rappresentanti dei Murinae (il gruppo che comprende topi e ratti) piú grandi viventi sono attribuiti al genere Mallomys, endemico dell´Indonesia, e che in alcune specie possono raggiungere un peso di 2 chilogrammi.

Bibliografia:

APLIN et al. (2010): Quaternary Murid Rodents of Timor Part I: New Material of Coryphomys buehleri Schaub, 1937, and Description of a Second Species of the Genus. Bulletin of the American Museum of Natural History: 3411 DOI: 10.1206/692.1

Video con esemplare di Mallomys:


30.07.2010

Adotta un Dimetrodon!

Secondo un sondaggio condotto dalla rivista “nature” nel 2009 una percentuale di 63% degli giornalisti hanno usato dei blog come fonti o spunti per le loro notizie scientifiche (BRUMFIELD 2009).
Questo potrebbe essere uno sviluppo positivo considerando il crescente numero di ottimi blog scientifici (prevalentemente inglesi), ma naturalmente nel paese dei cachi in ambito scientifico si sceglie una via “alternativa”.

Avevo segnalato 10 giorni fa un post su un tipico blog di fuffa, già per se al limite del sopportabile in ambito paleontologico, ma comunque errori grossolani che penso si debba far risalire alla fonte originale, e non sorprende che sia l’ ANSA. Difficile pensare che la “qualità” di tale fonte possa essere “sor(tto)passata”, ma purtroppo il sempre vigile Leonardo A. segnala una nuova perla del giornalismo “scientifico” prodotta dal “Corriere della Sera”.
Non c’e molta da aggiungere al commento e l’analisi di Leonardo, mi veniva da ridere per non piangere - questa “opera” di un giornale ufficiale (!) è perfino ancor a più scadente del post del blog privato (e da questo ne deduco dell’ ANSA) sopra menzionato.

Il testo a parte gli errori scientifici e grammaticali è in parte di un’infantilità sconcertante: rettili con le ali grandi come un elefante (mi dispiace, alla veloce non ho a portata un pachiderma per la comparazione) e che “urlano e balzano nell’aria”?
E se ci fosse ancora la remota speranza che l’autrice abbia almeno un dubbio e si informi prima di proseguire, ecco che segue questa frase che nella sua contraddizione è un paradosso di entità cosmica:

“I pelicosauri, dinosauri dotati di una enorme vela dorsale (come quella del dimetrodonte),…”

Che ironia della sorte (?), per usare questi termini e per l’immagine (vedi quella introduttiva del post) penso si debba aver fatto una breve ricerca su Wikipedia, ma per coniare questa frase, che più errata non può essere, è necessario ignorare volutamente e completamente quello che c’ e scritto…é proprio vero, i blog sono più scientifici del giornalismo (sigh!).
È infine mai, e poi mai citare la fonte scientifica di certe notizie…


E dato che mi diletto di fare l’indovino, prevedo che presto leggeremo delle testate giornalistiche di questo stampo: " Il canguro e un animale Sudamericano.

16.07.2010

Benvenuti nel paese dei puffi...


Dopo la mozzarella blu ecco i fossili blu - oramai il paese dei cachi fa parlare di se in ambito scientifico solo dalle bufale prodotte in esso...

Ancient Italian artefacts get the blues.

"A mysterious blue sheen that is creeping over precious archaeological artefacts has sparked a political firestorm in Italy. Scientists are battling local authorities to save the damaged collection — and determine who is to blame.
"

Fossile mette in dubbio la datazione della diversificazione principale nelle scimmie del Vecchio Mondo

I due rami evolutivi che hanno portata da un lato agli ominidi (Hominoidea), inclusi noi stessi, e dall’altro verso il gruppo dei moderni cercopitechi (Cercopithecoidea) si sono separati più recentemente di quanto finora postulato.
Questa nuova ipotesi di datazione si basa sul ritrovamento di un cranio parziale nell'odierna Arabia Saudita occidentale.


Dai resti frammentari conosciuti precedentemente e considerati intermedi tra i due gruppi, datati tra i 23 - 30 milioni di anni, si era concluso che la diversificazione sia avvenutoa come minimo tra i 30 ai 35 milioni di anni fa.


Ma i nuovi fossili, rinvenuti nel 2009 nella parte mediale della formazione geologica di Shumaysi, sono stati datati a un’età compresa tra i 28 e 29 milioni di anni, e comprendono parti del cranio di un individuo maschile.
I caratteri più distintivi, per la sua attribuzione a un antenato comune, sono un muso protruso, mancante delle cavità nasali laterali e dei grandi molari. Questi caratteri secondo gli autori della ricerca non coincidono con i fossili delle scimmie del Vecchio Mondo (Catarrhini) finora conosciute, è sembrano confermare l’attribuzione di questa specie nell’area di transizione dei due grandi gruppi compresi nei Catarrini, che secondo la nuova ricerca si sono separati appena 28 milioni di anni fa.


Fig.1. Il fossile rinvenuto…

Fig.2. ... è il geologo Mohammed Ali (uno degli autori della ricerca) davanti alla Formazione di Shumaysi in cui è avvenuto la scoperta (fonte per entrambi le immagini: University of Michigan / Museum of Paleontology / Iyad S. Zalmout).

Bibliografia:


ZALMOUT, I.S.; SANDERS, W.J.; MACLATCHY, L.M.; GUNNELL, G.F.; AL-MUFARREH, Y.A.; ALI, M.A.; NASSER, A.H.; AL-MASARI, A.M.; AL-SOBHI, S.A.; NADHRA, A.O.; MATARI, A.H.; WILSON, J.A. & GINGERICH, P.D. (2010): New Oligocene primate from Saudi Arabia and the divergence of apes and Old World monkeys. Nature Vol. 466: 360–364 doi:10.1038/nature09094

10.07.2010

Dimetrodon Is Not a Dinosaur !!

Tra affermazioni del giornalismo italiano che le balene discendono da una volpe, che i squali balene sono di fatto mammiferi, ecco un´altra perla del copia e incolla: citando un´ipotesi per spiegare l´evoluzione di creste nei "sauri", la notizia é accompagnata da un bell ´(?) esemplare di Dimetrodon. Ma nel testo si fa poi riferimento ai dinosauri !
Prosegue poi la mischia allegra tra dinosauri, pterosauri, rettili-mammiferi, mammiferi-uccelli, mammiferi mammaliani e altro ancora.
Una breve ricerca rivela che la notizia si sta diffondendo sui soliti siti dedicati alla fuffa. È un errore che potrebbe essere corretto con una breve ricerca: anche solo guardando su wikipedia: Dimetrodon é un PELYCOSAURO (non essendo troppo pignolo) - questo ulteriore esempio conferma - i blog italiani dedicati al "debunking" della paleontologia giornalistica sono assolutamente necessari.

Fig.1. Ricostruzione di "Dimetrodon" dal film "Yor".

Fig.2. Filogenia semplificata dei Sinapsidi in relazione a mammiferi e dinosauri - notare che Dimetrodon é un sfenocodonte, é parente piú stretto di noi che dei dinosauri, figura presa da KENNETH 2009.

Bibliografia:

KENNETH, D.A. (2009): Dimetrodon Is Not a Dinosaur: Using Tree Thinking to Understand the Ancient Relatives of Mammals and their Evolution. Evo Edu Outreach 2: 257 - 271

07.07.2010

La tigre dai denti a sciabola: Il predatore perfetto si riconosce dalle sue ossa

Fig.1. Una rappresentazione di Smilodon del 1903, esempio del lavoro pionieristico di Charles R. Knight, figura da CHORLTON 1985.

Pochi predatori estinti sono noti al grande pubblicò come la tigre dai denti a sciabola, che viene ritenuta per le sue spettacolari zanne come perfetto esempio di mammifero predatore.
Ma lo studio della struttura e la forma delle zanne ha rivelato che possiedono una sezione ovale, è per questo, a differenza dei felini odierni, sono inadeguato a sopportare le forze di una preda che lotta per liberarsi dal morso del predatore (McHENRY et al. 2007). Secondo questo modello, per evitare una frattura dei canini, era necessario per questi predatori di gestire e immobilizzare la preda il più efficacemente possibile.

Confrontando radiografie della tigre dai denti a sciabola, Smilodon fatalis, del leone americano, Panthera atrox, e di 28 specie di felini moderni, una ricerca pubblicata di recente (MEACHEN-SAMUELS et al. 2010) ha osservato effettivamente che gli omeri degli arti anteriori di S. fatalis erano molto più spessi in relazione alla loro lunghezza, e la corteccia ossea esterna era più sviluppata in confronto a tutti gli altri felini studiati.

Sulla base di queste osservazioni, la ricerca deduce che Smilodon era un predatore potente che differisce dai felini esistenti nella sua maggiore capacità di sottomettere la preda usando gli arti anteriori. Questo sviluppo e la risultante forza maggiore degli arti anteriori faceva parte di un complesso adattamento guidata dalla necessità di minimizzare la durata e l’ entità della lotta per sopraffare la preda, al fine di proteggere gli allungati canini e di posizionare accuratamente il finale morso letale.


Bibliografia:

CHORLTON, W. (ed) (1985): Ice Ages (Planet Earth). Time-Life Books: 176
MEACHEN-SAMUELS, J.A. & VALKENBURGH, B. van (2010): Radiographs Reveal Exceptional Forelimb Strength in the Sabertooth Cat, Smilodon fatalis. PLOS One 5(7): e11412. doi:10.1371/journal.pone.0011412
McHENRY, C.R.; WROE, S.; CLAUSEN, P.D:; MORENO, K. & CUNNINGHAM, E. (2007): Supermodeled sabercat, predatory behavior in Smilodon fatalis revealed by high-resolution 3D computer simulation. PNAS Vol. 104(41): 16010-16015

01.07.2010

L. melvillei: Una nuova inusuale balena del Miocene sudamericano

Quando furono trovati i primi fossili nel deserto del Perù i ricercatori pensarono alle zanne di un elefante, ma i resti parziali del cranio e i denti sono risultati appartenere a una balena del Miocene (ca.12-13Ma) lunga fino a 14m. I fossili sono stati scoperti nel 2008 nel deserto di Pisco-Ica, nel sud del Perù, e ora descritti e pubblicati in un articolo nella rivista “Nature”. Tra i resti frammentari, spuntano la mandibola e i 29 denti, che raggiungono una lunghezza fino a 40cm e una larghezza di 12cm, i più grandi denti di balena finora conosciuti.

Fig.1. Rappresentazione schematica dei resti ricuperati, cranio in vista dorsale (a) e ventrale (b), mandibola in vista dorsale (c), vista laterale della mandibola attaccata al cranio(d), e-g dentatura di L. melvillei, h+i dentatura di capodoglio attuale, figura da LAMBERT et al. 2010.

La nuova specie, che rappresenta anche un nuovo genere, è stata provvisoriamente denominata Leviathan melvillei, il nome del genere è ispirato al racconto del mostro marino mitologico nella Bibbia e la specie è un tributo all’autore Melville, conosciuto per il suo racconto su di Moby-Dick. Secondo contestazioni al momento non ancora ufficiali la denominazione Leviathan però è già occupato per un genere di proboscidato nordamericano (KOCH 1841).


Secondo la ricerca l’animale è paragonabile con il comune capodoglio (Physeter macrocephalus), il più grande odontocete esistente, è la dentatura conferma che si doveva trattare di un predatore specializzato per grosse prede. Moderni capodogli possiedono denti relativamente piccoli, dato che preferiscono cibarsi di grandi cefalopodi, che più che azzannare lì “risucchiano”. Data la grandezza nella mole e nella dentatura della nuova specie, si specula che tra le prede abituali si trovavano anche balene più piccole, che con le loro riserve di grasso sarebbero bastate per il fabbisogno del Leviathan.


Fig.2. Ricostruzione di Leviathan melvillei durante l’atto di prelazione su una balena di dimensioni minori, data la frammentarietà dei resti del cranio l’aspetto è speculativo e si basa soprattutto sulla presunta relazione con l’attuale capodoglio.

Bibliografia:

LAMBERT, O.; BIANUCCI, G.; POST, K.; DE MUIZON, C.; SALA-GISMONDI, R.; URBINA, M. & REUMER, J. (2010): The giant bite of a new raptorial sperm whale from the Miocene epoch of Peru. Nature Vol. 466: 105-108 doi:10.1038/nature09067