19.11.2011

L´estinzione C/P: tra Chicxulub e Trappi del Deccan

Fino a circa cinquanta anni fa il limite Cretaceo-Paleocene (C/P), famoso per l´estinzione di massa che decretò la fine di alcuni dinosauri, era in sostanza sconosciuto per via della mancanza di una successione stratigrafica completa. 
Nel decennio 1960-1970 il geologo americano Walter Alvarez studio nella gola del Bottaccione (nei pressi di Gubbio, Umbria) una successione di calcari e marne - la formazione della "Scaglia rossa" - e cerco di calcolare la velocità di deposizione di questi strati torbiditici del Cretaceo - Paleocene.

Fig.1. La transizione Cretaceo - Paleocene nella formazione della "Scaglia rossa" (rotata di 90°, il Paleocene si trova di sopra).

Durante la ricerca sulla concentrazione di micro-meteore nei sedimenti scopri un'anomalia nella concentrazione di elementi rari, come per l´esempio l´Iridio. La concentrazione era talmente elevata che era difficile spiegare il fenomeno solo con un'ipotetica fluttuazione del tasso di sedimentazione della Scaglia Rossa. In un primo momento Walter, insieme al padre e fisico (e premio nobel) Luis W. Alvarez, propose una supernova e un incremento della caduta di polvere cosmica sulla terra come fonte dell´Iridio, ma ben presto cambio idea, formulando l´ipotesi di un impatto di meteorite metallico sulla terra. Per avvalorare l´ipotesi comunque mancavano successive prove e soprattutto il punto d´impatto. Tra il 1981 e il 1993 ricerche geofisiche scoprirono un immenso cratere d´impatto (con un diametro di 180 chilometri) nelle profondità della penisola dello Yucatan - denominato Chicxulub. Datazioni rivelarono che aveva l´età giusta per coincidere sia con l´incremento di Iridio, sia per spiegar l´estinzione di fine Cretaceo (il materiale fuso durante l´impatto e recuperato durante le trivellazioni fu datato a 65, 07 + -0,1 Ma). 
L´impatto di Chicxulub (e altri) è volentieri visto nei media e nel collettivo generico come l´unico fattore plausibile per spiegare l´estinzione alla fine del Cretaceo, ma durante questa transizione sono state osservate molte altre e profonde variazioni sulla terra - cambiamenti climatici, fluttuazione del livello marino e un intenso vulcanismo.

Secondo lo scenario proposto l´impatto uccise prima per via diretta (calore e onde di pressione sia nel cielo sia nel mare) e poi in modo indiretto: le polvere e i gas sprigionati dall´esplosione modificarono il clima, causando una piccola era glaciale, inoltre oscurarono il cielo, rendendo fotosintesi impossibili a tutte le piante. Dopo la morte delle piante ben presto tutte le catene trofiche collassarono - per primo morirono gli erbivori, seguiti ben presto dai piccoli carnivori e infine i grandi predatori. Ci sono diversi problemi con questa ricostruzione, che si basa più su considerazioni teoretiche che sull'evidenza dei fossili.
L´estinzione di fine Cretaceo fu sorprendentemente selettiva: nei mari si estinse il nannoplancton, foraminiferi planctonici, molluschi come le ammoniti e i grandi rettili. Comunque nello stesso ambiente sopravissero i foraminiferi bentonici, le diatomee, il gruppo dei radiolari e gran parte dei bivalvi e soprattutto i pesci. Sembra difficile spiegare come organismi autotrofi come i radiolari sopravissero a un ipotetico inverno nucleare e una notte post- apocalittica; com'è difficile spiegare perché pesci, che hanno bisogno del fitoplancton, riuscirono a trovare abbastanza cibo quando i rettili marini perirono.

Inoltre l´esatta datazione e processo dell´estinzione dei vari gruppi di organismi è incerta - non si sa esattamente se un determinato gruppo si è estinto esattamente 65 milioni di anni fa o forse già prima. 
Da diversi anni il gruppo di ricerca attorno all´americana Gerta Keller ha messo in dubbio le datazioni proposte, basandosi soprattutto sul processo di estinzioni di foraminiferi. Keller ha proposto che già prima di Chicxulub molte specie di foraminiferi mostravano un declino o erano già estinte. Inoltre secondo l´interpretazione di una stratigrafia nei pressi di Brazos (Texas) ci furono più di un singolo impatto nel Cretaceo superiore, che comunque non avevano quasi nessun effetto sulle comunità di fossili studiate.

In una nuova ricerca condotta su sedimenti e fossili dell´India il gruppo di lavoro ha proposto una via di mezzo per spiegare sia il declino precedente e considerando possibili effetti di un impatto.
I Trappi del Deccan sono un territorio igneo localizzato nella parte centro occidentale dell'India, e rappresenta una delle più estese zone vulcaniche del pianeta. Sono datati a un´età di 60 a 65 milioni di anni -  è considerate per questo da molti ricercatori come alternativa all´impatto per spiegare l´estinzione di fine Cretaceo. Comunque l´esatta cronologia dei Trappi rimaneva un mistero - poiché un periodo di cinque milioni di anni sembrava troppo lungo per spiegar una (dal punto geologico) improvvisa estinzione di massa. 

Solo negli ultimi anni nuove tecnologie hanno reso possibile  capire meglio il processo di formazione: I Trappi del Deccan si sono formati in tre singole fasi, iniziate 67,5 milioni di anni fa. La seconda fase eruttiva e quella più forte è responsabile di circa l´80% della massa complessiva dei depositi vulcanici - ed è proprio questa fase che coincide con la maggiore estinzione dei foraminiferi studiati. L´ultima (la terza) fase eruttiva, la più debole, è datata a 300.000 anni dopo il picco complessivo dell´attività vulcanica (figura 2 secondo KELLER).
Secondo il nuovo scenario la prima fase di attività vulcanica ha ridotto notevolmente il tasso dell´evoluzione dei foraminiferi e indebolito le popolazioni esistenti, anche se non ha causato un'estinzione di massa. La seconda fase, quella più forte, ha colpito ecosistemi indeboliti dalle eruzioni precedenti - è proprio in questo periodo che molte specie studiate scompaiono nel record fossile. Dopo questa estinzione i mari furono lentamente ripopolati da specie opportunistiche - ma i sedimenti mostrano anche un livello ricco di Irido - occorre una seconda estinzione di massa che termina con la terza fase vulcanica. 

Fig.3. I cambiamenti nella comunità di foraminiferi studiati - si osservano delle estinzioni di singole specie, ma anche un generale indebolimento e rimpicciolimento delle specie superstiti (secondo KELLER)

Il gruppo di ricerca non nega completamente il ruolo di vari impatti di asteroidi sulla biodiversità, ma propone una catastrofe combinata per spiegare meglio la cronologia e selettività dell´estinzione Cretaceo-Paleocene. L´incremento dell´attività vulcanica indebolisce per migliaia di anni prima dell´impatto (gli impatti?) gli ecosistemi della terra - è durante questo periodo che molti organismi non riescono ad adattarsi alle nuove condizioni. I gas e le ceneri hanno modificato il clima, i livelli dei mari si abbassano, forse anch´essi per via dell´intensa attività magmatica del pianeta, infine l´impatto di asteroide - non forte come proposto in passato ma che colpisce in un momento critico - che decreta la fine di molti gruppi di organismi.

Bibliografia:

ALVAREZ, W., ALVAREZ, L.W., ASARO, F. & MICHELl, H.V. (1979): Anomalous iridium levels at the Cretaceous/Tertiary boundary at Gubbio, Italy: Negative results of tests for a supernova origin. In: Cretaceous-Tertiary Boundary Events Symposium; II. Proceedings (Eds W.K. Christensen and T. Birkelund), pp. 69. University of Copenhagen
ALVAREZ, L.W., ALVAREZ, W., ASARO, F. & MICHEL, H.V. (1980): Extraterrestrial cause for the Cretaceous-Tertiary extinction. Science 208: 1095-1108
ALVAREZ, W. (2009): The historical record in the Scaglia limestone at Gubbio: magnetic reversals and the Cretaceous-Tertiary mass extinction. Sedimentology 56: 137-148
BAKER, V.R. (1998): Catastrophism and uniformitarianism” logical roots and current relevance in geology. In: BLUNDELL, D. J. & SOTT, A. C. (eds.) Lvell: the Past is the Key to the Present. Geological Society, London, Special Publications, 143: 171-182
FRENCH, B.M. (2003): Traces of Catastrophes: A handbook of Shock-Metamorphic Effects in Terrestrial Meteorite Impact Structures. Lunar and planetary Institute
KELLER, G.; ABRAMOVICH, S.; BERNER, Z. & ADATTE, T. (2009): Biotic effects of the Chixulub impact, K-T catastrophe and sea level change in Texas. Paleogeography, Paleoclimatology, Paleoecology 271:52-68
SCHULTE et al. (2010): The Chicxulub Asteroid Impact and Mass Extinction at the Cretaceous-Paleogene Boundary. Science 327(5970): 1214 – 1218

08.11.2011

L´arte rupestre tra fauna preistorica e genetica

L´arte rupestre preistorica dell´Europea è molto ricca, più di 100 siti sono conosciuti, perlopiù in Spagna e Francia, con più di 4.000 rappresentazioni di animali. Più di un terzo di queste raffigurazioni mostrano cavalli in diversi stili artistici, da disegni dettagliati e molto naturalistici a forme astratte o semplici sagome disegnate con le dita sul suolo fangoso. La caverna di Pech Merle (Francia meridionale) è particolare dato che un grande disegno su una parete di roccia mostra macchie nere su sfondo bianco, sia dentro sia al di fuori della sagoma di due cavallini. Il disegno, datato a 25.000 anni, fu interpretato perlopiù come rappresentazione simbolica di significato conosciuto, poiché il particolare disegno di macchie nere e bianche é conosciuto solo da animali addomesticati da almeno 10.000 anni. 

Fig.1. Diverse rappresentazioni di cavalli nell´arte rupestre, esempi delle caverne di Lascaux, Chauvet e Pech Merle. Secondo analisi genetiche è possibile che tutte le raffigurazioni siano state ispirate da livree di animali reali - esempio di cavallo di przewalski e moderne razze di cavallo (immagine presa da PRUVOST et al. 2011).

Una nuova ricerca genetica ha ora rilevato che l´artista potrebbe essersi comunque ispirato ad animali reali. Un gruppo di ricercatori tedeschi e inglesi ha analizzato il DNA recuperato da trentuno resti fossili di cavalli, proveniente da tutta l´Eurasia e datati da 20.000 a 2.000 anni fa. Secondo i profili genetici ricostruiti diciotto cavalli avevano una pelliccia chiara, 7 erano scuri, ma 6 mostrano una mutazione genetica che causava una pelliccia a macchie bianche e nere. Le macchie bianche e nere erano particolarmente diffuse tra i resti fossili provenienti dall´Europa dell´est e ovest, dei dieci esemplari studiati quattro mostrano la particolare mutazione. Secondo i ricercatori è possibile che questa mutazione e livrea fossero molto più frequenti durante le fasi glaciali nella popolazione equina europee, poiché provvedeva una sorta di mimetismo nella tundra coperta da neve. Dopo i 14.000 anni la particolare varietà divenne molto rara, finche é stata riscoperta da moderni allevatori.
Comunque le raffigurazioni nell´arte rupestre, anche se fossero state ispirate dal mondo naturale, contengono anche molti particolari spirituali e un forte simbolismo. Le macchie di Pech Merle non sono solo distribuite sugli animali, ma anche in file attorno alla testa e il corpo dei due cavallini, con tanto d'impronte di mane umane. Il significato di questa composizione rimane un mistero.

Bibliografia:

PRUVOST, M. et al. (2011): Genotypes of predomestic horses match phenotypes painted in Paleolithic works of cave art. Proceedings of the Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America.

04.11.2011

La Toscana: Terra di balene e vermi mangia-ossa

"They say the sea is cold, but the sea contains the hottest blood of all,
and the wildest, the most urgent.
"
"Whales Weep Not!" D.H. Lawrence (1885-1930)

Gli abissi marini sono stati spesso comparati con un deserto in cui solo occasionalmente si trovano delle oasi - campi idrotermali in cui sorgenti di acqua bollente offrono abbastanza energia da alimentare un ecosistema, oppure le carcasse in decomposizione di grandi animali marini.
I processi tafonomici in mare aperto differiscono notevolmente da quelli osservabili vicino alla costa o in acque poco profonde - anche se purtroppo ancora poco si conosce sui fattori che gli influenzano - soprattutto se si tratta di gigantesche carcasse, come per esempio di balena. Si presume che la decomposizione di un corpo cosi grande è influenzata in una prima fase dalla profondità della colonna d´acqua e la pressione idrostatica, due fattori che influenzano il tempo in cui la carcassa galleggia nell´acqua. Una volta raggiunto il fondo, la decomposizione della balena segue una successione generale con diverse ondate di animali spazzini e saprofagi. La carne è rapidamente rimossa da grandi animali, come per esempio squali. I resti, come tessuto adiposo e cartilagine, sono colonizzati più lentamente  da organismi che si cibano sia dei resti organici che dal denso tappeto di batteri che si sviluppa su di essi. Dopo alcuni mesi rimangono solo le ossa, anch´esse sono colonizzate da una comunità di specie molto interessante è specializzata per quest'ambiente estremo composta principalmente da batteri, molluschi e policheti.
Gli esempi di grandi balene morte studiate oggigiorno sono abbastanza rari e imprese difficili (al minimo serve un sottomarino), ma il record fossile, soprattutto del Neogene, ha restituito materiale molto interessante e di relativamente facile accesso.

Già nel 2010 una ricerca condotta su scheletri di balena fossile ritrovati nel Pliocene toscano (per esempio localitá come Ponte a Elsa, Castelfiorentino, Castellarano e Castell' Arquato) ha mostrato che già in passato esisteva una successione di organismi sulle carcasse di balene e questa successione dipendeva in parte dalla profondità in cui giaceva la balena. 
Un´altra ricerca pubblicata nello stesso anno ha descritto su ossa fossili di un giacimento spagnolo degli icnofossili - Trypanites ionasi - che sono stati attribuita a delle tane di un organismo comparabili al moderno genere di "vermi-mangia ossa" Osedax (gruppo di animali descritto appena nel 2002 nelle ossa di balena ritrovati sul fondo della baia di Monterey, California). Osedax e un policheto che non possiede bocca o sistema digerente, ma assorbe sostanze nutritive grazie a delle protuberanze a forma di radice che entrano all´interno delle ossa.

Fig.1. Ricostruzione dell´organismo che ha prodotto l´icnofossile Trypanites ionasi (immagine da MUNIZ et al. 2010), basandosi sopratutto sull´anatomia del moderno genere Osedax.

Una ricerca pubblicata recentemente nella rivista Historical Biology ha descritto simili tane su un reperto proveniente dalla Toscana - il primo esempio d'icnofossile di "vermi-mangia ossa" descritto dalla regione dal Mediterraneo, e il terzo esempio in assoluto nel record fossile (a parte il materiale spagnolo esistono resti di ossa con delle tracce ritrovate nei pressi della costa dello stato di Washington).
L´icnofossile, composto di un bulbo all´interno delle ossa, è stato scoperto grazie a delle analisi di ossa con il metodo della tomografia computerizzata eseguite all´University of Leeds e il Natural History Museum in Inghilterra.

Fig.2. Scan di tomografia computerizzata con ricostruzione dell´organismo che ha prodotto le tane sulle ossa di balene del Pliocene toscano (HIGGS et al. 2011).

La scoperta è interessante perche amplifica notevolmente l´areale di distribuzione dei vermi mangia-ossa nel passato (6-3 milioni di anni). Inoltre è verosimile secondo i ricercatori che ancora oggi negli abissi del Mediterraneo esistano specie non ancora descritte di questo gruppo di policheti.

Bibliografia:

ALLISON, P.A.; SMITH, C.R.; KUKERT, H.; DEMING, J.W. & BENNETT, B.A. (1991): Deep-water taphonomy of vertebrate carcasses: a whale skeleton in the bathyal Santa Catalina Basin. Paleobiology 17(1): 78-89
DOMINICI, S.; CIOPPI, E.; DANISE, S.; BETOCCHI, U.; GALLAI, G.; TANGOCCI, F.; VALLERI, G. & MONECHI, S. (2009): Mediterranean fossil whale falls and the adaption of molluscs to extreme habitats. Geology 37(9): 815-818
HIGGS, N.D.; LITTLE, C.T.S.; GLOVER, A.G.; DAHLGREN, T.G.; SMITH, C.R. & DOMINICI, S. (2011): Evidence of Osedax worm borings in Pliocene (3 Ma) whale bone from the Mediterranean. Historical Biology
MUNIZ, F.; DE GIBERT, J.M. & ESPERANTE, R. (2010): First trace-fossil evidence of bone-eating worms in Whale carcasses. Palaios 25: 269-273

03.11.2011

Cronopio dentiacutus

Da sedimenti fluviali del Cretaceo é stata descritta una nuova specie di mammifero mesozoico, Cronopio dentiacutus, il cui nome fa riferimento ai Cronopio - creature fantastiche descritte nei saggi dell´autore argentino Julio Cortázar - e una caratteristica peculiare di questi mammiferi driolestidi (una linea evolutiva estinta di mammiferi) - un gruppo di sviluppati canini a forma di sciabola.  
Cronopio era un insettivoro di piccole dimensioni, con una lunghezza stimata di 10-15cm, che viveva nei pressi di un fiume con sponde ricoperte da una lussureggiante vegetazione. I resti fossili sono stati scoperti nel 2006 sui greti del fiume La Buitrera nella provincia del Rio Negro (Patagonia) e comprendono due crani e una mandibola ben conservata - i resti più completi di driolestidi finora studiati. 

 Fig.1. I resti fossili di Cronopio dentiacutus, immagine tratta da ROUGIERet al. 2011.

Questi fossili aiutano anche a colmare una lacuna nel record fossile dei mammiferi. I driolestidi erano conosciuti dall'America settentrionale ed Europa occidentale, i resti sparsi - soprattutto in forma di denti datati al Cretaceo - dal continente sudamericano sembravano indicare che qui si erano sviluppate particolari forme endemiche. I caratteri di Cronopio mostrano delle affinità con gruppi del Giurassico della Laurasia, ma anche importanti caratteri che si sono sviluppati nell´isolamento dopo la prima separazione del Gondwana dalla Laurasia (Giurassico medio), e in secondo luogo durante la separazione del continente sudamericano e la frammentazione del Gondwana (tardo Cretaceo). 

Bibliografia: 

ROUGIER, G.W.; APESTEGUIA, S. & GAETANO, L.C. (2011): Highly specialized mammalian skulls from the Late Cretaceous of South America. Nature 479: 98-102