Fino
a circa cinquanta anni fa il limite Cretaceo-Paleocene (C/P), famoso
per l´estinzione di massa che decretò la fine di alcuni dinosauri, era
in sostanza sconosciuto per via della mancanza di una successione
stratigrafica completa.
Nel decennio 1960-1970 il geologo americano Walter Alvarez studio nella gola del Bottaccione (nei pressi di Gubbio, Umbria) una successione di calcari e marne - la formazione della "Scaglia rossa" - e cerco di calcolare la velocità di deposizione di questi strati torbiditici del Cretaceo - Paleocene.
Fig.1. La transizione Cretaceo - Paleocene nella formazione della "Scaglia rossa" (rotata di 90°, il Paleocene si trova di sopra).
Durante
la ricerca sulla concentrazione di micro-meteore nei sedimenti scopri
un'anomalia nella concentrazione di elementi rari, come per l´esempio l´Iridio.
La concentrazione era talmente elevata che era difficile spiegare il
fenomeno solo con un'ipotetica fluttuazione del tasso di sedimentazione
della Scaglia Rossa. In un primo momento Walter, insieme al padre e
fisico (e premio nobel) Luis W. Alvarez, propose una supernova e
un incremento della caduta di polvere cosmica sulla terra come fonte
dell´Iridio, ma ben presto cambio idea, formulando l´ipotesi di un
impatto di meteorite metallico sulla terra. Per avvalorare l´ipotesi
comunque mancavano successive prove e soprattutto il punto d´impatto.
Tra il 1981 e il 1993 ricerche geofisiche scoprirono un immenso cratere
d´impatto (con un diametro di 180 chilometri) nelle profondità della
penisola dello Yucatan - denominato Chicxulub. Datazioni
rivelarono che aveva l´età giusta per coincidere sia con l´incremento di
Iridio, sia per spiegar l´estinzione di fine Cretaceo (il materiale
fuso durante l´impatto e recuperato durante le trivellazioni fu datato a
65, 07 + -0,1 Ma).
L´impatto
di Chicxulub (e altri) è volentieri visto nei media e nel collettivo
generico come l´unico fattore plausibile per spiegare l´estinzione alla
fine del Cretaceo, ma durante questa transizione sono state osservate
molte altre e profonde variazioni sulla terra - cambiamenti climatici,
fluttuazione del livello marino e un intenso vulcanismo.
Secondo lo scenario proposto l´impatto uccise prima per via diretta (calore e onde di pressione sia nel cielo sia nel mare) e poi in modo indiretto: le polvere e i gas sprigionati dall´esplosione modificarono il clima, causando una piccola era glaciale, inoltre oscurarono il cielo, rendendo fotosintesi impossibili a tutte le piante. Dopo la morte delle piante ben presto tutte le catene trofiche collassarono - per primo morirono gli erbivori, seguiti ben presto dai piccoli carnivori e infine i grandi predatori. Ci sono diversi problemi con questa ricostruzione, che si basa più su considerazioni teoretiche che sull'evidenza dei fossili.
L´estinzione di fine Cretaceo fu sorprendentemente selettiva: nei mari si estinse il nannoplancton, foraminiferi planctonici, molluschi come le ammoniti e i grandi rettili. Comunque nello stesso ambiente sopravissero i foraminiferi bentonici, le diatomee, il gruppo dei radiolari e gran parte dei bivalvi e soprattutto i pesci. Sembra difficile spiegare come organismi autotrofi come i radiolari sopravissero a un ipotetico inverno nucleare e una notte post- apocalittica; com'è difficile spiegare perché pesci, che hanno bisogno del fitoplancton, riuscirono a trovare abbastanza cibo quando i rettili marini perirono.
Inoltre l´esatta datazione e processo dell´estinzione dei vari gruppi di organismi è incerta - non si sa esattamente se un determinato gruppo si è estinto esattamente 65 milioni di anni fa o forse già prima.
Da diversi anni il gruppo di ricerca attorno all´americana Gerta Keller ha messo in dubbio le datazioni proposte,
basandosi soprattutto sul processo di estinzioni di foraminiferi.
Keller ha proposto che già prima di Chicxulub molte specie di
foraminiferi mostravano un declino o erano già estinte. Inoltre secondo
l´interpretazione di una stratigrafia nei pressi di Brazos
(Texas) ci furono più di un singolo impatto nel Cretaceo superiore, che
comunque non avevano quasi nessun effetto sulle comunità di fossili
studiate.
In una nuova ricerca condotta su sedimenti e fossili dell´India il gruppo di lavoro ha proposto una via di mezzo per spiegare sia il declino precedente e considerando possibili effetti di un impatto.
I Trappi del Deccan sono un territorio igneo localizzato nella parte centro occidentale dell'India, e rappresenta una delle più estese zone vulcaniche del pianeta. Sono datati a un´età di 60 a 65 milioni di anni - è considerate per questo da molti ricercatori come alternativa all´impatto per spiegare l´estinzione di fine Cretaceo. Comunque l´esatta cronologia dei Trappi rimaneva un mistero - poiché un periodo di cinque milioni di anni sembrava troppo lungo per spiegar una (dal punto geologico) improvvisa estinzione di massa.
Solo
negli ultimi anni nuove tecnologie hanno reso possibile capire meglio
il processo di formazione: I Trappi del Deccan si sono formati in tre
singole fasi, iniziate 67,5 milioni di anni fa. La seconda fase eruttiva
e quella più forte è responsabile di circa l´80% della massa
complessiva dei depositi vulcanici - ed è proprio questa fase che
coincide con la maggiore estinzione dei foraminiferi studiati. L´ultima
(la terza) fase eruttiva, la più debole, è datata a 300.000 anni dopo il
picco complessivo dell´attività vulcanica (figura 2 secondo KELLER).
Secondo il nuovo scenario la prima fase di attività vulcanica ha ridotto notevolmente il tasso dell´evoluzione dei foraminiferi e indebolito le popolazioni esistenti, anche se non ha causato un'estinzione di massa. La seconda fase, quella più forte, ha colpito ecosistemi indeboliti dalle eruzioni precedenti - è proprio in questo periodo che molte specie studiate scompaiono nel record fossile. Dopo questa estinzione i mari furono lentamente ripopolati da specie opportunistiche - ma i sedimenti mostrano anche un livello ricco di Irido - occorre una seconda estinzione di massa che termina con la terza fase vulcanica.
Secondo il nuovo scenario la prima fase di attività vulcanica ha ridotto notevolmente il tasso dell´evoluzione dei foraminiferi e indebolito le popolazioni esistenti, anche se non ha causato un'estinzione di massa. La seconda fase, quella più forte, ha colpito ecosistemi indeboliti dalle eruzioni precedenti - è proprio in questo periodo che molte specie studiate scompaiono nel record fossile. Dopo questa estinzione i mari furono lentamente ripopolati da specie opportunistiche - ma i sedimenti mostrano anche un livello ricco di Irido - occorre una seconda estinzione di massa che termina con la terza fase vulcanica.
Fig.3.
I cambiamenti nella comunità di foraminiferi studiati - si osservano
delle estinzioni di singole specie, ma anche un generale indebolimento e
rimpicciolimento delle specie superstiti (secondo KELLER)
Il
gruppo di ricerca non nega completamente il ruolo di vari impatti di
asteroidi sulla biodiversità, ma propone una catastrofe combinata per
spiegare meglio la cronologia e selettività dell´estinzione
Cretaceo-Paleocene. L´incremento dell´attività vulcanica indebolisce per
migliaia di anni prima dell´impatto (gli impatti?) gli ecosistemi della
terra - è durante questo periodo che molti organismi non riescono ad
adattarsi alle nuove condizioni. I gas e le ceneri hanno modificato il
clima, i livelli dei mari si abbassano, forse anch´essi per via
dell´intensa attività magmatica del pianeta, infine l´impatto di
asteroide - non forte come proposto in passato ma che colpisce in un
momento critico - che decreta la fine di molti gruppi di organismi.
Bibliografia:
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