Secondo il modello dell’impatto Cretaceo-Paleogene (C-P) l’estinzione selettiva è stata causata dagli effetti diretti dell’impatto, ma soprattutto dal rilascio di grandi quantità di gas dalle rocce carbonati e ricche di solfati che furono vaporizzate nel punto d’impatto. Questi gas avrebbero profondamente modificato il clima del pianeta, causando un inverno nucleare con un abbassamento delle temperature e piogge acide, che avrebbe influenzato i singoli ecosistemi in modo differente.
A seconda del luogo e la nicchia ecologica che una specie occupava, e una dose di fortuna, questi cambiamenti hanno deciso la sua sorte – adattarsi o estinguersi.
Più di 350 siti della transizione C-P sono conosciuti che mostrano una tipica successione sedimentaria: uno strato di ejecta che varia in spessore e composizione in accordo con la distanza dal punto d’impatto. Fino a 500km questo strato è molto spesso, nei dintorni del cratere stesso raggiunge i 100 a 80m! (facies prossimale di 1. livello). Tra i 500 e1.000km i sedimenti sono tipici depositi di tsunami, strati spessi da alcuni cm a m che contengono sferule e clasti, trasportati dalla forza delle onde dal punto d’impatto fino al punto di ritrovo (facies prossimale di 2. livello). Spostandosi ancora verso l’ esterno, il strato si assottiglia fino a formare il conosciuto deposito ricco di irido spesso alcuni cm e che sovrasta uno strato di sferule (facies intermediata). Sopra i 5.000km di distanza l’evento è rappresentato da uno strato di argilla rossa (facies distale) che contiene ancora tracce del materiale dell’impatto (dato che la base di questo strato nella sezione di El Kef nella Tunisia è il limite definito, l’impatto stesso è avvenuto già nel Paleogene).
Questa successione è in accordo con la localizzazione del cratere di Chicxulub sulla penisola di Yucatan come fonte.
La nuova ricerca ribadisce pesantemente alle argomentazioni dei sostenitori che l’impatto e l’ estinzione non coincidano.
Mentre la nuova ricerca di SCHULTE et al. interpreta la menzionata successione e le lenti di clasti nelle vicinanze del cratere come un evento di frana a causa dell’evento catastrofico, il lavoro di KELLER et al. invece ha interpretato questa successione sedimentaria depositata in un arco di tempo molto maggiore, confutando una correlazione temporale tra impatto e estinzione.
Inoltre secondo gli autori strati di argilla causati secondo Keller da singoli impatti, implicando che ci furono più di un impatto alla fine del C-P, non mostrano le tipiche sferule e sono derivati da eruzioni vulcaniche locali precedenti all’estinzione.
L’arenaria dolomitica con rari foraminiferi del Cretaceo che ricopre il cratere (e implicando cosi un età maggiore del cratere) viene interpretata come material di riporto, in cui fossili più antichi sono stati erosi e ridepositati, falsificando l’ interpretazione cronologica tramite i microfossili.
Fig.1. Distribuzione globale delle trivellazioni in mare aperto e siti che hanno restituito carote con strutture sedimentologici riferibili all’impatto di Chicxulub (asterisco). Magenta: facies prossimale di 1. livello (fino a 500km) Rosso: facies prossimale di 2. livello (fino a 1.000km) Arancione: facies intermediata (fino a 5.000km) Giallo: facies distale (sopra i 5.000km) In basso la sequenza schematica delle singole associazioni di facies (da SCHULTE et al. 2010).
Secondo SCHULTE et al. 2010 la geologia appoggia l´ipotesi che l´evento fu uno solo, i suoi effetti globali é che coincide con la transizione C-P (un argomento relativamente problematico, dato che per definizione il Cretacico termina con la base dello strato di argilla).
Su questo ultimo punto cruciale vale la pena dedicare un articolo a se sulla datazione tramite biostratigrafia e chronostratigrafia dell´evento.
CONTINUA...
BIBLIOGRAFIA:
SCHULTE etal. (2010): The Chicxulub Asteroid Impact and Mass Extinction at the Cretaceous-Paleogene Boundary. Science Vol. 327. no. 5970: 1214 - 1218
KELLER, G.; ABRAMOVICH, S.; BERNER, Z. & ADATTE, T. (2009): Biotic effects of the Chixulub impact, K-T catastrophe and sea level change in Texas. Paleogeography, Paleoclimatology, Paleoecology 271:52-68
FRENCH, B.M. (2003): Traces of Catastrophes: A handbook of Shock-Metamorphic Effects in Terrestrial Meteorite Impact Structures. Lunar and planetary Institute
A seconda del luogo e la nicchia ecologica che una specie occupava, e una dose di fortuna, questi cambiamenti hanno deciso la sua sorte – adattarsi o estinguersi.
Più di 350 siti della transizione C-P sono conosciuti che mostrano una tipica successione sedimentaria: uno strato di ejecta che varia in spessore e composizione in accordo con la distanza dal punto d’impatto. Fino a 500km questo strato è molto spesso, nei dintorni del cratere stesso raggiunge i 100 a 80m! (facies prossimale di 1. livello). Tra i 500 e1.000km i sedimenti sono tipici depositi di tsunami, strati spessi da alcuni cm a m che contengono sferule e clasti, trasportati dalla forza delle onde dal punto d’impatto fino al punto di ritrovo (facies prossimale di 2. livello). Spostandosi ancora verso l’ esterno, il strato si assottiglia fino a formare il conosciuto deposito ricco di irido spesso alcuni cm e che sovrasta uno strato di sferule (facies intermediata). Sopra i 5.000km di distanza l’evento è rappresentato da uno strato di argilla rossa (facies distale) che contiene ancora tracce del materiale dell’impatto (dato che la base di questo strato nella sezione di El Kef nella Tunisia è il limite definito, l’impatto stesso è avvenuto già nel Paleogene).
Questa successione è in accordo con la localizzazione del cratere di Chicxulub sulla penisola di Yucatan come fonte.
La nuova ricerca ribadisce pesantemente alle argomentazioni dei sostenitori che l’impatto e l’ estinzione non coincidano.
Mentre la nuova ricerca di SCHULTE et al. interpreta la menzionata successione e le lenti di clasti nelle vicinanze del cratere come un evento di frana a causa dell’evento catastrofico, il lavoro di KELLER et al. invece ha interpretato questa successione sedimentaria depositata in un arco di tempo molto maggiore, confutando una correlazione temporale tra impatto e estinzione.
Inoltre secondo gli autori strati di argilla causati secondo Keller da singoli impatti, implicando che ci furono più di un impatto alla fine del C-P, non mostrano le tipiche sferule e sono derivati da eruzioni vulcaniche locali precedenti all’estinzione.
L’arenaria dolomitica con rari foraminiferi del Cretaceo che ricopre il cratere (e implicando cosi un età maggiore del cratere) viene interpretata come material di riporto, in cui fossili più antichi sono stati erosi e ridepositati, falsificando l’ interpretazione cronologica tramite i microfossili.
Fig.1. Distribuzione globale delle trivellazioni in mare aperto e siti che hanno restituito carote con strutture sedimentologici riferibili all’impatto di Chicxulub (asterisco). Magenta: facies prossimale di 1. livello (fino a 500km) Rosso: facies prossimale di 2. livello (fino a 1.000km) Arancione: facies intermediata (fino a 5.000km) Giallo: facies distale (sopra i 5.000km) In basso la sequenza schematica delle singole associazioni di facies (da SCHULTE et al. 2010).
Secondo SCHULTE et al. 2010 la geologia appoggia l´ipotesi che l´evento fu uno solo, i suoi effetti globali é che coincide con la transizione C-P (un argomento relativamente problematico, dato che per definizione il Cretacico termina con la base dello strato di argilla).
Su questo ultimo punto cruciale vale la pena dedicare un articolo a se sulla datazione tramite biostratigrafia e chronostratigrafia dell´evento.
CONTINUA...
BIBLIOGRAFIA:
SCHULTE etal. (2010): The Chicxulub Asteroid Impact and Mass Extinction at the Cretaceous-Paleogene Boundary. Science Vol. 327. no. 5970: 1214 - 1218
KELLER, G.; ABRAMOVICH, S.; BERNER, Z. & ADATTE, T. (2009): Biotic effects of the Chixulub impact, K-T catastrophe and sea level change in Texas. Paleogeography, Paleoclimatology, Paleoecology 271:52-68
FRENCH, B.M. (2003): Traces of Catastrophes: A handbook of Shock-Metamorphic Effects in Terrestrial Meteorite Impact Structures. Lunar and planetary Institute
1 Kommentar:
and is a very abbrangent work
nice very nice indeed
Therriault A. M., Grieve R. A. F., and Reimold W. U. (1997)
Original size of the Vredefort Structure: Implications for the
geological evolution of the Witwatersrand Basin. Meteoritics
& Planet. Sci., 32, 71–77.
Thompson L. M. and Spray J. G. (1994) Pseudotachylitic rock
distribution and genesis within the Sudbury impact structure.
In Large Meteorite Impacts and Planetary Evolution
(B. O. Dressler, R. A. F. Grieve, and V. L. Sharpton, eds.),
pp. 275–287. Geol. Soc. Amer. Spec. Paper 293.
Trefil J. S. and Raup D. M. (1990) Crater taphonomy and
bombardment rates in the Phanerozoic. J. Geol., 98, 385–398.
Turtle E. P. and Pierazzo E. (1998) Constraints on the size of
the Vredefort impact crater from numerical modeling.
Meteoritics & Planet. Sci., 33, 483–490
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